Corriere Fiorentino

«Non riesco a odiare Schettino, non è scappato dalla giustizia»

Parla Kevin Rebello, il fratello del cameriere eroe morto nel naufragio della Concordia

- Di Antonio Valentini

L’odio non è un lemma del vocabolari­o di Kevin Rebello. Lui non entrerà a far parte della schiera degli odiatori di Francesco Schettino, dal disastro della Concordia in poi assurto a simbolo negativo nazionale: «Tanta gente che ha commesso reati peggiori del suo è fuori dal carcere — spiega Kevin in un italiano condito da accento milanese — Se lui ora sta dentro è solo per il ruolo che rivestiva, per le responsabi­lità che gli competevan­o, non per aver ucciso volontaria­mente 32 persone».

Ironia della sorte, il fratello di Kevin, Russel, è stato l’ultimo ad aver abbandonat­o la nave, 1025 giorni dopo il comandante Schettino. Furono gli operai della Ship Recycling, il Consorzio genovese che si occupò dei primi lavori di demolizion­e, a trovarne il corpo, ancora avvolto dalla divisa di cameriere. Era in una cabina del ponte 8 che, quando la nave si inclinò, fu schiacciat­o dagli scogli della Gabbianara, poco distante il porto del Giglio, la sera del 13 gennaio 2012. Per Kevin fu un’attesa interminab­ile, a lungo trascorsa sul molo dell’isola, dove camminava con passo leggero e cellulare all’orecchio, senza mai alzare la voce, senza che una volta si sia dimenticat­o di ringraziar­e chi stava lavorando per restituirg­li il corpo del fratello. Per lui c’è stato un prima e un dopo: l’ansia e l’attesa lunghe tre anni, conditi dalla speranza che almeno i resti di Russel fossero trovati, confluiron­o poi nella promessa fatta di dargli una degna sepoltura. «Ormai tutto è finito — aggiunge Kevin — La nave è stata rimossa e demolita, mio fratello riposa a Mumbai, la giustizia ha compiuto il suo corso».

Francesco Schettino è chiuso in una cella singola a Rebibbia. Ha atteso in auto la chiamata degli avvocati, poi si è consegnato per scontare la pena definitiva di 15 anni, sei mesi e sette giorni che la Cassazione gli ha inflitto, coltivando la speranza che passino in fretta i 5 anni necessari per avanzare la richiesta di misure alternativ­e al carcere. Una delle ultime telefonate che ha ricevuto, poco prima di consegnare il cellulare, è stata proprio quella di Kevin: «A dire il vero non sapevo che fin da subito doveva presentars­i in carcere. Non si aspettava la chiamata, mi è parso sorpreso ma cordiale. Kevin Rebello con il marito di Maria Grazia Trecarichi, un’altra vittima della Concordia, al funerale della donna due anni dopo il naufragio. A sinistra Schettino L’ho cercato solo perché ho sentito una forte spinta umana, non per quello che è accaduto. Volevo salutarlo, non so se ho fatto bene o male. Però l’ho fatto».

Kevin è spinto da una fede inossidabi­le. Per lui il perdono non è una parola vuota, densa di ipocrisia e intrisa di risentimen­to, ma la rinuncia a qualsiasi rivalsa. Con Schettino, in questi anni, si sono sentiti spesso, si sono idealmente incontrati a metà tra la mitezza di Kevin e la volontà di Schettino di raccontars­i, di rompere l’isolamento esistenzia­le in cui la condanna sociale l’ha confinato con anticipo rispetto ai tribunali. «L’ultima volta l’ho chiamato per Pasqua, ci siamo scambiati gli auguri. Ormai era diventata una prassi, quella di sentirci per le feste o in altre occasioni. Non abbiamo mai parlato del disastro, a cosa sarebbe servito? Ciò che doveva accadere, è accaduto, tutto quello che poteva essere scritto è stato scritto e l’odio verso Schettino non mi avrebbe dato indietro mio fratello, né l’avrebbe riportato alla moglie Wilma e al piccolo Rhys, che ora ha 9 anni. Mia madre Gladys la pensa diversamen­te, ma io rispetto il parere di tutti. Anche di quanti hanno scritto, nella mia bacheca Facebook, che nessuna pena potrà ripagare il male che ha fatto».

Finora Schettino non ha avuto contatti con altri detenuti. Ma è probabile che presto, forse fin da oggi, sia trasferito in una cella comune. A Kevin resta solo una voglia pacata e tollerante di voltare pagina: «La giustizia ha impiegato 5 anni per giungere a una sentenza definitiva. Vuol dire che hanno svolto un lavoro meticoloso. Ho sempre detto che il vero responsabi­le, prima o poi, sarebbe finito in carcere. Così è stato. Tuttavia mi dispiace per Francesco Schettino e per la sua famiglia. Lui mica è uno che va per strada a uccidere le persone. E poi...». E poi quasi Kevin Rebello si immedesima, indossa gli abiti dell’antieroe nazionale per eccellenza: «Ha una moglie e una figlia. Non so neppure come si chiamino, ma so che hanno sofferto anche loro. Il disastro è avvenuto più di 5 anni fa, lui ha perso il lavoro. Come avranno fatto a tirare avanti? Poteva scappare, andarsene lontano al pari di tanti altri. Però è rimasto qui, ad aspettare che la giustizia facesse il suo corso».

Forse è proprio Kevin Rebello Russel, che come pochi ha sofferto per quel tragico inchino nello stillicidi­o dei giorni che passavano senza che il corpo del fratello fosse recuperato, l’unico amico che Schettino ha trovato dopo essere passato dall’altare alla polvere: «Eppure ci siamo solo sentiti per telefono. Magari un giorno vado a trovarlo in carcere, mi sono già informato su come presentare la domanda». Fra cinque anni l’ex comandante della città galleggian­te che finì per investire un’isola causando 32 morti e danni ancora da definire, potrebbe essere fuori. «O forse prima — conclude Kevin — Dovesse esserci un indulto... Io non avrei niente da eccepire, dopotutto in giro ci sono tanti più pericolosi di lui».

 Ho telefonato al comandante subito dopo il verdetto, stava entrando a Rebibbia Ci sentiamo da tempo, per le feste, l’ultima volta è stato a Pasqua  Mia madre non la pensa come me, ma rispetto tutti Penso che Schettino non volesse uccidere nessuno, e mi dispiace per la sua famiglia

 ??  ?? Kevin Rebello sul molo del Giglio un anno dopo il naufragio in attesa del ritrovamen­to del corpo del fratello Russel, il cameriere della Concordia morto per salvare una bambina ritrovato poi 1025 giorni dopo il disastro
Kevin Rebello sul molo del Giglio un anno dopo il naufragio in attesa del ritrovamen­to del corpo del fratello Russel, il cameriere della Concordia morto per salvare una bambina ritrovato poi 1025 giorni dopo il disastro
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