«La nostra Michela, uccisa anche dai tabù»
Un anno fa la donna fu accoltellata dall’ex. I genitori: lui era malato di mente, ma lo teneva nascosto
Quando parlava di Michela, la donna da cui si stava separando, la definiva una «perla rara». Ma un giorno di maggio di un anno fa Mattia, 33 anni, ha ucciso Michela, 31 anni. L’ha fatta salire con una scusa in auto — dove aveva nascosto tre coltelli — e l’ha portata sull’argine del fiume all’Isolotto. Lì l’ha accoltellata fino ad ucciderla e si è accoltellato fino ad uccidersi. Per la giustizia il caso è stato archiviato pochi mesi dopo: omicidio-suicidio. Ma i genitori di Michela Noli non riescono a darsi pace. Hanno scoperto solo dopo la morte della figlia che Mattia, l’uomo che lei aveva sposato un paio di anni prima, aveva problemi psichiatrici e che dai 16 ai 21 anni aveva fatto psicoterapia. È stato il padre di Mattia a raccontare agli investigatori la sera stessa dell’omicidio che il figlio da giovane soffriva di bipolarismo.
«Se l’avessimo saputo prima forse nostra figlia sarebbe ancora viva» dicono adesso i genitori di Michela, Paola e Massimiliano. Invece intorno alle malattie psichiatriche c’è ancora troppa omertà: «Abbattiamo il tabù delle malattie mentali — spiegano — Non bisogna vergognarsi, il cervello è una parte del corpo e va curato». La famiglia Noli, assistita dalle avvocatesse Alessandra Matassini e Cristina Moschini intende portare avanti questa battaglia in memoria di Michela: «In Paesi come la Gran Bretagna — spiegano le due legali — c’è un protocollo che prevede che i familiari e anche gli amici di una persona con problemi mentali siano sostenuti, in modo da cogliere anche eventuali campanelli doi allarme. Da noi invece si alza un muro».
Nel caso di Mattia i segnali di disagio c’erano tutti. «Possiamo fare la cronaca di una morte annunciata», ribadiscono le avvocatesse. Mattia aveva già manifestato l’intenzione di uccidere Michela, l’ha raccontato anche il padre, ma nessuno l’ha preso sul serio. Poche ore prima di mettere in atto il suo piano c’era stato un lungo scambio di messaggi in chat con l’amico del cuore: «Dove va accoltellata una persona per ammazzarla sul colpo?» chiedeva Mattia. «Ma se ammazzo lei e poi me?. Ieri sera ero con il coltello da cucina sotto casa sua». E ancora: «La aspetto in macchina e la accoltello più volte alla gola, poi mi ammazzo allo stesso modo», «la riempio di pugnalate al cuore, io me lo pianto nel collo». Un crescendo fino all’ultimo messaggio, quello delle 21.27: «L’ho ammazzata, addio». Inutile il tentativo dell’amico di farlo ragionare: «Smettila dai, sfogare la rabbia su di lei rovina solo la tua vita. Devi pensare a fartela una vita, non a distruggerla. Che ci guadagni a farle del male? La devi dimenticare, non deve esistere più». Domani pomeriggio, a un anno esatto dall’omicidio, Michela sarà ricordata a Villa Vogel (alle 17) con letture, musica e riflessioni delle scuole del quartiere.
La madre Se l’avessimo saputo prima avremmo colto i segnali e mia figlia sarebbe ancora viva