UNA SPINTA (PRIVATA) A CRESCERE
Il così detto «lib-lab», ovvero la terza via blairiana in economia, apparentemente sepolta sotto le macerie della crisi economica, sembra ora invece risorgere sull’onda del successo di Emmanuel Macron in Francia. La difficoltà che questa terza via ha incontrato è derivata dall’essere stata stretta tra gli errori del capitalismo finanziario, duro e puro alla Alan Greenspan, e le illusioni, con presa populista, sul collasso dell’economia di mercato e sulle magiche sorti della decrescita felice. La ripresa del «lib-lab» in realtà, più che dalle vittorie elettorali di Macron e soci, scaturisce dalla presa d’atto del superamento della crisi conseguito da Paesi, in Europa come negli altri continenti, i cui governi, pur senza esplicitamente dichiararlo per non incorrere in anatemi vari, hanno seguito le ricette di questa impostazione di politica economica. Si è trattato, ahimè è proprio così, di coniugare mercato con intervento pubblico, flessibilità e concorrenza negli scambi con solidarietà e salvaguardia dei diritti sociali. Un recente articolo firmato da Dario Di Vico sul
Corriere della Sera esorta però i sostenitori del «liblab» a guardare al suo tradizionale strumento, la spesa pubblica, con una nuova e più consapevole attenzione. Non si può che concordare. La «crisi dei 7 anni» è stata originata da un eccesso di debito, prima privato e, poi pubblico.