Gli Obama a Siena: «Tornate, al Palio»
Folla per la visita di Barack e Michelle al Palazzo Pubblico, poi l’enoteca Terzi. Niente Uffizi
SIENA «Nei nostri sogni è ancora presidente». Mike e Jolie Quick sono di Chicago, incuriositi dalle telecamere hanno scoperto dell’arrivo di Barack e Michelle Obama e si sono piazzati di fronte a Palazzo Pubblico. Vogliono vederli, salutarli, «siamo pronti a fermarli, sono di Chicago come noi!».
L’ennesima giornata di fibrillazione per gli spostamenti dell’ex coppia presidenziale si trasforma nel vero, primo, bagno di folla per entrambi nella loro vacanza toscana partita venerdì scorso. Arrivano separati, con due carovane, scortati dagli «angeli» dell’Usss, i servizi segreti statunitensi, a cui compete la sicurezza dei presidenti (e degli ex, per 16 anni dopo l’uscita dalla Casa bianca). Michelle si ferma alla Chigiana, prosegue a piedi per un giro di shopping: una pelletteria, la gioielleria Patrizi ed un negozio di cappelli: ma anche qui, come a Montalcino, non trova il panama che cercava.
Negli stessi istanti arriva Barack in piazza del Campo, poi entra dalla porta posteriore del Palazzo Pubblico inseguito dalla folla di curiosi, non solo turisti ma anche senesi avvisati dal tam tam cittadino. Lo aspetta già il sindaco Bruno Valentini, che prima di lui ha incontrato gli ospiti di un Centro anziani che l’hanno pure canzonato, «non ci lascerai mica per gli Obama». In realtà, gli Obama erano attesi alle 16 ma sono arrivati alle 17,30, consentendo a Valentini pure di scendere per prendersi un gelato.
Il sindaco ha fatto visitare, come aveva promesso invitandoli, la «Maestà» di Simone Martini, in fase di restauro: un po’ gongola quando si capisce che a Siena è arrivata, la coppia Obama, e a Firenze invece non andrà (perlomeno stasera). Ma c’è poco tempo. Mentre ormai piazza del Campo vede un paio di centinaia di persone in attesa dell’uscita di Barack e Michelle, si apre una finestra al secondo piano. Si vede Valentini, tutti si aspettano che gli Obama si affaccino e salutino. C’è chi comincia a chiamarli, «Barack» «Michelle» gridano i turisti stranieri, «Oh Obama!» i senesi. Nulla. Al loro posto si affacciano alcuni dipendenti comunali tra l’amarezza dei presenti. Anche perché Michelle e Barack escono di nuovo dal retro e ripartono.
La corsa prosegue al Duomo. E, di nuovo, è folla, cellulari alzati, urla per chiamarli. Ci sono scolaresche che si gettano verso il cordone di sicurezza, con alcuni professori più eccitati di loro. I due salgono sul «Facciatone», la facciata mai conclusa dell’incompiuto Duomo Nuovo. Michelle e Obama, accompagnati dalla madre di Michelle, dalle sue amiche e dall’amico di Barack Richard Parsons (ricco uomo d’affari Usa e da sempre sostenitore dell’ex presidente, con tenuta a Montalcino) restano sul camminamento in alto, si fanno selfie, fanno fotografie. Ma non salutano neanche quando tutta la piazza parte con un «Ehi, Barack», organizzato ad hoc.
Scendono e entrano in Duomo, dove peraltro ci sono già dei turisti. Una coppia di giapponesi esce per prima, la moglie non riesce a trattenere l’emozione, ride tra le lacrime, non riesce neanche a spiegare a chi gli domanda perché. Un’altra famiglia, questa volta metà calabrese metà toscana, è invece piena di particolari: spiegano che Barack ha acceso anche un cero, si è fermato a lungo ad ammirare il pregiato pavimento, definito da Giorgio Vasari «il più magnifico mai stato fatto». Una turista americana si mette a piangere. «We miss you, come back». «Ci manchi, torna», «Four more years», «altri quattro anni» (da presidente, ovviamente) «I don’t like the other guy», spiega poi senza neanche nominare Donald Trump. I due poi salgono nel suv blindato e ripartono. Ma verso dove?
Restano a cena all’enoteca i Terzi, escludendo così la visita serale agli Uffizi a Firenze e la possibile cena nel capoluogo toscano. Ma domani (cioè oggi) è un altro giorno. Obama e Michelle ripartiranno da Grosseto mercoledì pomeriggio.