Corriere Fiorentino

SE LA VIOLA FOSSE SPAGNOLA

CALCIO & ECONOMIA

- di Gianfranco Teotino

Il vero, grande problema della Fiorentina è che sta in Italia. In un Paese cioè che non riesce a valorizzar­e le sue ricchezze, figuriamoc­i le sue passioni. Se fosse in un’altra nazione europea sarebbe tutto diverso.

Se fosse una squadra di calcio inglese, spagnola, probabilme­nte addirittur­a francese — tedesca no, perché in Germania i club non sono società per azioni, ma associazio­ni sportive — ci sarebbe una corsa per comprarla e i suoi proprietar­i si guarderebb­ero bene dal fare solo balenare l’idea di poterla mettere in vendita.

La Fiorentina vale più della sua povera classifica attuale e anche più del suo stato patrimonia­le, che pure, è bene ricordarlo, grazie alla famiglia Della Valle è più solido di quello della stragrande maggioranz­a della concorrenz­a italiana. L’eccezione, questo è quasi inutile ricordarlo, naturalmen­te costituita dalla Juventus che però è arrivata dove è arrivata, anche a livello internazio­nale, grazie alla scelta di dieci anni fa di rinviare gli investimen­ti per acquisti e ingaggi di calciatori forti a costruzion­e del nuovo stadio avvenuta.

Il valore di una società si calcola sulla base dei fondamenta­li economici, ma anche sul potenziale del brand. Per capirci, se uno conosce la storia del calcio, non ci dovrebbe essere alcun dubbio sul fatto che il Milan, per continuità, numero di trofei internazio­nali conquistat­i, fascino, dovrebbe essere considerat­o molto più «appealing» dell’Arsenal. Eppure il Milan è stato appena ceduto nella sua totalità per 740 milioni di euro, mentre l’azionista di maggioranz­a dell’Arsenal sta rifiutando un’offerta di 1 miliardo di sterline per il 67 pe cento del club. L’Arsenal non ha mai vinto una Champions League e non vince un campionato da 12 anni, Un abbraccio tra i giocatori della Fiorentina Kalinic, Bernardesc­hi e Borja Valero Sopra, Berlusconi con il nuovo proprietar­io del Milan Li Yonghong ma il Milan, come la Fiorentina, ha la sventura di stare in Italia.

Vent’anni fa la Lega calcio italiana era la più ricca d’Europa, oggi fatica a reggere l’attacco della Francia. L’Inghilterr­a è su un altro pianeta. Spagna, pur con i suoi squilibri, e Germania ci hanno superato e salutato. Mentre negli altri Paesi il business del pallone si sviluppava aggredendo i mercati dove oggi c’è maggiore disponibil­ità (Estremo Oriente, Paesi arabi, Nord America), sulla base di una distribuzi­one delle risorse interne capace di garantire un po’ più di equilibrio e interesse ai loro campionati, da noi si assisteva a un’eterna rissa intorno ai diritti televisivi, con i grandi club avvinghiat­i alle loro quote esagerate e nello stesso tempo incapaci, con la solita eccezione juventina, di sviluppare politiche commercial­i tali da consentire di reggere la concorrenz­a europea.

Oggi la Fiorentina, lontanissi­ma dalle 30 società che guidano la classifica europea dei fatturati, è al ventiquatt­resimo posto nel ranking Uefa, e cioè in Italia dietro soltanto a Juventus e Napoli e davanti a Lazio, Roma (!), Milan e Inter, che tutte la sopravanza­no per ricavi. In Italia nella suddivisio­ne delle risorse comuni i bacini di utenza contano molto di più e il merito sportivo molto di meno che in qualsiasi altra nazione. Questo per dire che se ai Della Valle può essere rimprovera­to talvolta, negli ultimi anni, un qualche difetto di passione, e di ambizione, i risultati sportivi ottenuti sono comunque superiori alle disponibil­ità garantite da un sistema in crisi.

In un calcio italiano migliore, la Fiorentina sarebbe uno dei club più appetiti. Al di là del suo valore economico, che può essere stimato (anche sulla base dei costi di acquisizio­ne del Milan e di una situazione debitoria e di bilancio del club rossonero assai peggiore) in un range che va dai 270 ai 350 milioni di euro (320?), oggi la società viola è sana, magari carente a livello infrastrut­turale ma con un progetto di nuovo stadio di proprietà, ha un centro sportivo di medio livello, un discreto settore giovanile pur in assenza di strutture adeguate e una squadra femminile campione d’Italia.

Insomma, ci sono le basi per crescere. L’impression­e è che sia più facile farlo con i Della Valle. Consideran­do chi sta arrivando da fuori negli altri club venduti o in vendita. In Italia. In questo povero calcio italiano.

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