LA COLPA DI POSSEDERE UNA CASA CON DELITTO
Una delle novelle più famose di Pirandello è La Giara, la storia di don Lolò, un ricco possidente, che affida la riparazione di un grande coppo spezzato a un artigiano, Zi’ Dima. Questi la ricuce alla perfezione, ma dall’interno della giara, che ha il collo troppo stretto per consentirgli di uscire.
Ne nasce una grottesca disputa fra don Lolò e l’artigiano, che si ostina a rimanere chiuso dentro al coppo per non ammettere la sua colpa.
Una situazione rovesciata ma altrettanto paradossale è quella in cui versa il proprietario di un appartamento nella fiorentina via Fiume, in cui il 29 giugno 2016 è stato consumato un duplice omicidio. Dopo il delitto sono stati apposti i sigilli all’immobile, per consentire i rilievi alla scena del crimine. Peccato che a distanza di quasi un anno non siano stati rimossi. Il proprietario deve pagare l’Imu e tutti gli altri fantasiosi balzelli gravanti sulla casa. In compenso non può né venderla né affittarla: è come se non fosse più sua. Per questi motivi ha chiesto al tribunale di essere ammesso come parte civile nei confronti del presunto duplice omicida. Il danno derivante dall’indisponibilità dell’appartamento, deve avere argomentato, è colpa sua. Ma il tribunale ha respinto l’istanza, obiettando che a disporre i sigilli non è stato l’imputato, ma l’autorità giudiziaria.
Summum jus, summa iniuria, si diceva un tempo. Ma non è questa l’unica iniuria a colpire la proprietà immobiliare, che sembra sempre più declassata da diritto soggettivo a interesse legittimo, da un lato soggetta all’alea di occupazioni abusive, insolvenze fraudolente, badanti invasive e oggi persino prolungate indagini giudiziarie, dall’altra sottoposta a una normativa vincolistica che rende persino la messa a norma di un impianto elettrico un onere insostenibile per molte famiglie. Questo può far piacere a chi considera la proprietà (almeno quella degli altri) un furto, ma ha conseguenze rovinose per la mobilità sociale. Ben pochi ad esempio hanno il coraggio di trasferirsi per lavoro in un’altra città affittando la propria abitazione se poi rischiano di vedersela espropriata sine die.
Un’ultima considerazione. Nel racconto di Pirandello don Lolò, esasperato per la situazione, prende a calci la giara e la rompe. I proprietari non possono distruggere le loro abitazioni; possono essere però tentati di lasciarle cadere a pezzi, come è successo sempre in tempi di crisi, dalla rivoluzione francese in poi. È un rischio da evitare, nell’interesse di tutti: compito della politica dovrebbe essere anche prevenire l’insorgere di situazioni pirandelliane.