BABBO GUALTIERO E I FIGLI INQUIETI
«Don Giovanni Salvini?», chiediamo. Risposta titubante, incerta. «Non è lei? Cercavamo uno dei seminaristi di don Bassetti rettore», insistiamo. «Sì, sono Salvini, ma non don. Dal 2003 sono stato dispensato dal ministero sacerdotale, mi sono sposato, insegno e faccio il vice sindaco di Cecina, mi occupo di politiche sociali».
Eccoli lì gli ex seminaristi di don Gualtiero Bassetti rettore, dal 1972 al seminario minore e poi dal 1979 fino al 1999 a quello maggiore: Salvini, don Andrea Bigalli, don Alessandro Santoro, don Giovanni Momigli, don Giovanni Altigiano, don Francesco Cianti, don Luca Niccheri… «Eravamo un po’ matti, lo abbiamo fatto penare povero don Gualtiero», sorride don Momigli. Lui però ci sapeva fare, riconoscono gli ex seminaristi. «Riusciva a tenere insieme giovani di destra e di sinistra, per usare categorie politiche. Il segreto? Non assumeva mai posizioni rigide, non si metteva contro qualcuno, cercava di convincere e mai di imporre qualcosa», racconta Salvini.
Gli fa eco don Santoro: «Ci accompagnava sempre nelle scelte, anche quelle che magari non condivideva. Uno non si sentiva mai giudicato». Ne sa qualcosa proprio «don» Salvini: «Quando decisi di sposarmi e di abbandonare il sacerdozio mi confidai con don Gualtiero, nel frattempo diventato vescovo. Lui mi consigliò con affetto di non mollare, di resistere, il sacerdozio è duro ma è una grande missione, mi spiegò. Però poi aggiunse che qualunque fosse stata alla fine la mia decisione lui, il mio ex rettore di seminario, per me ci sarebbe stato sempre: non sentirti solo Giovanni, mi disse».
Momigli, Santoro e Bigalli erano insieme, nella stessa classe, quella dell’84. «Ragazzi vispi, molto vispi», ricorda don Bigalli, pacifista e referente regionale di Libera. Sei anni di teologia, poi l’ordinazione, nel 1990, quando don Bassetti fu nominato pro-vicario dell’allora arcivescovo Silvano Piovanelli. I due erano molto legati, entrambi venivano dal Mugello, Marradi e Ronta, montanari e figli di famiglie povere ma molto cattoliche.
L’ultimo prete ordinato da don Bassetti è stato don Santoro, il prete delle Piagge. Che per un anno e mezzo lasciò il seminario. Provò a respirare un’aria diversa, voleva capire meglio dove dirigere la sua vita. Quando decise di tornare in seminario maggiore, sul lungarno Soderini, «Gualtiero» — lo chiamano ancora così, per nome, senza appellativi, i suoi ex allievi — lo accolse a braccia aperte. «Guardava alla sostanza, mai alla forma. Per cui anche quando la pensavamo in maniera diversa la stima tra di noi non veniva mai meno», ricorda don Santoro. Che quando nel 2009 fu rimosso dall’arcivescovo Giuseppe Betori dall’incarico di parroco delle Piagge per aver sposato Sandra Alvino, ex trans, nel momento più amaro della vicenda fu chiamato da «Gualtiero»: «Non mi rimproverò, mi disse solo di andare avanti e di cercare di stemperare il contrasto con la Curia». Parole da babbo, più che da vescovo.
Ecco, babbo. Molti dei suoi ex allievi lo vivono così il cardinale Bassetti. Come un padre. Da prendere anche giro, con affetto s’intende. «Un giorno telefonò un tale mons. Maccheroni. “E io sono mons. Pastasciutta”, riattaccò Gualtiero. L’altro richiamò: era veramente un monsignore del Vaticano, peraltro altolocato», ricorda don Bigalli, che in seminario era addetto all’infermeria e più volte ha fatto le iniezioni al rettore. Che contraccambiò quando i seminaristi si beccarono un’epidemia di salmonellosi. «Veniva in ciascuna delle nostre camere. Portava ad ognuno di noi la comunione e faceva i prelievi per le analisi. Si annunciava così: ecco arriva il monatto…» racconta Salvini.
Ci teneva tutti insieme, ci accompagnava nelle scelte. Uno non si sentiva mai giudicato