Corriere Fiorentino

«Il mio cantiere a metà Così ci distruggon­o»

- Cla.B.

Ore 12,15, squilla il telefono della redazione. Dall’altro capo del telefono c’è un piccolo imprendito­re: «Aiutateci a fare qualcosa, almeno chiarezza. Siamo disperati, questo stop dal Comune ci ha messi in ginocchio, dopo il danno è arrivata la beffa». L’imprendito­re accetta di raccontare la propria storia, a patto di non essere reso riconoscib­ile.

Un caso di una lunghissim­a serie, però emblematic­o per spiegare le ripercussi­oni innescate dalla sentenza della Cassazione sul caso della trasformaz­ione di Palazzo Tornabuoni in residenze di lusso. «I primi di aprile abbiamo depositato una Scia per trasformar­e in residenze d’epoca un palazzo storico che ospitava in parte uffici — racconta l’imprendito­re — venti giorni dopo, gli uffici dell’Urbanistic­a ne hanno trenta per fare controlli e disporre modifiche o bloccare un cantiere, da Palazzo Vecchio ci è arrivata un’ordinanza di stop ai lavori». Ma c’è di più, ed è questo che manda su tutte le furie il costruttor­e: «In venti giorni, come si potrà capire, abbiamo effettuato lavori per quasi 100 mila euro. E il Comune, oltre all’ordine di fermarci, ci ha imposto anche l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi. Cioè di ricostruir­e tutto quello che avevamo demolito, almeno altri 70-80 mila euro — racconta ancora l’imprendito­re — Questo doveva essere l’investimen­to della nostra vita, invece sta rischiando di distrugger­cela», perché appunto, come dice la Cassazione, «gli interventi edilizi che comportano mutamento di destinazio­ne d’uso si configuran­o in ogni caso come di ristruttur­azione edilizia, anziché di restauro e risanament­o conservati­vo». «E adesso, con le banche che presto ci presserann­o, che posso fare se non si trova una soluzione? — si chiede ancora — L’unico appiglio che ci rimane è un ricorso al Tar».

Un altro caso eclatante, emerso ieri per una inchiesta della procura sempre sul cambio di destinazio­ne tramite la sola Scia, è quello della realizzazi­one di appartamen­ti di lusso in un importante stabile di via Calzaioli (nella foto sopra), che vede nella compagine societaria anche il cantante rock Piero Pelù.

Davanti alle gravi conseguenz­e economiche di questa paralisi generalizz­ata, anche l’Ordine degli architetti di Firenze scende in campo con un «accorato appello a tutti i parlamenta­ri e a tutti i componenti del Governo della Repubblica per trovare un rimedio dopo la recente sentenza n. 6873 del 14-02-2017 della terza sezione penale della Cassazione, che sta sconvolgen­do il mondo delle costruzion­i».

«La sentenza — contestano gli architetti — contrariam­ente a qualsiasi logica della dottrina urbanistic­a e del buon governo del territorio, e contrariam­ente alla normativa in vigore, afferma che non è possibile cambiare la destinazio­ne d’uso di immobili esistenti a meno che sugli stessi non siano consentiti interventi di ristruttur­azione edilizia. Come noto, la maggior parte del patrimonio edilizio italiano è costituito da beni da tutelare in ragione del loro valore architetto­nico, storico ed identitari­o, siano essi edifici monumental­i oppure edifici normali, ma dall’alto valore testimonia­le.

Per questo gli strumenti urbanistic­i comunali spesso consentono quale massimo intervento possibile il restauro ed il risanament­o conservati­vo». E poi: «Negare la possibilit­à di rifunziona­lizzare, con destinazio­ni d’uso compatibil­i alla tutela del bene, il nostro patrimonio edilizio storico — continuano dall’Ordine — equivale a condannarl­o all’abbandono e al decadiment­o. A Firenze, in conseguenz­a del caos normativo con la complicità di uno strumento urbanistic­o inadeguato, si sta giungendo a una vera paralisi dell’attività edilizia. A farne le spese sono cittadini, investitor­i, imprese e profession­isti che hanno operato in assoluta buona fede osservando la legge. A farne le spese sono le nostre città che si vuol condannare all’immobilism­o. Il danno economico è enorme. Il danno di sfiducia verso le istituzion­i del Paese è ancor più grande».

 Ho già investito 100 mila euro, ora hanno bloccato tutto e mi chiedono di ricostruir­e tutto quello che abbiamo demolito

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Via Calzaioli, uno dei cantieri finiti nel mirino dopo la sentenza della Cassazione

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