Pisa, la solitudine dei commercianti «Noi qui ci sentiamo abbandonati»
Solidarietà dei commercianti all’uomo che ha ucciso il bandito. La testimonianza di una passante
Le indagini passano dalle amicizie di Simone Bernardi, il rapinatore originario della provincia di Latina che lunedì scorso è stato ucciso nella gioielleria di Daniele Ferretti, il commerciante che ha risposto al fuoco di un altro rapinatore poi riuscito a scappare. I commercianti ieri hanno affisso uno striscione davanti al negozio: «Vicini alla famiglia Ferretti». In passato il rapinatore aveva più volte preso parte a colpi, tanto che nel 2010 aveva ingaggiato anche un conflitto a fuoco coi carabinieri all’Argentario.
Ora gli investigatori stanno cercando di ricostruire la sua rete delle relazioni, anche attraverso i contatti che ha avuto in carcere. Bernardi aveva infatti scontato sette anni di cumulo pena ed era uscito soltanto tre mesi fa dal carcere Don Bosco di Pisa, dove aveva intrattenuto rapporti con altri detenuti. Di fatto dopo essere uscito dal carcere l’uomo — che era andato anche con una delegazione di detenuti a trovare il Papa — aveva trovato casa nell’abitazione di una ragazza che era diventata la sua compagna. I carabinieri, due giorni fa, sono andati nella casa della donna e hanno fatto una perquisizione, portando via materiale che ora è al vaglio degli inquirenti. La ragazza è stata sentita dai carabinieri e ha spiegato che lei non sapeva nulla della rapina: nel momento in cui Bernardi stava per dare l’assalto alla gioielleria di Ferretti, è risultato che lei fosse al lavoro.
La Procura poi sta analizzando le ultime telefonate del rapinatore ucciso per individuare gli altri due componenti del commando. Il malvivente era l’unico dei tre ad avere agito con il volto coperto. L’uomo non era armato, non aveva i documenti con sé né il telefonino o altri effetti personali, ma ora che è stato identificato attraverso le impronte digitali non sarà difficile per gli inquirenti risalire al suo numero di telefono.
Accertamenti anche sulle impronte repertate nel negozio, dato che l’altro complice — quello che ha prima ha minacciato la moglie del gioielliere e poi ha sparato al commerciante — non aveva i guanti. Impronte che vengono cercate anche dentro una vecchia Fiat Panda, rubata dai banditi il giorno prima della rapina a Marina di Pisa e sequestrata dai carabinieri nel parcheggio davanti alla gioielleria.
Intanto i carabinieri, oltre ad avere le immagini dell’impianto di videosorveglianza del negozio e delle telecamere sparse in quella zona (dove ci sono questura e tribunale), hanno anche quelle di un testimone che ha fatto le foto ai due fuggiaschi. Una donna che ha invece incrociato uno dei due fuggitivi ha raccontato: «Me lo sono trovata davanti mentre stavo tornando a casa in bicicletta: saranno state le 19.40, 19.45. Quell’uomo mi ha colpito perché nonostante il gran caldo di questi giorni indossava una felpa a maniche lunghe, grigia scura, chiusa fino al collo e il cappuccio calato in testa. Per questo mi sono soffermata a guardarlo». L’uomo, che secondo la testimone, avrebbe «35-40 anni e carnagione olivastra, procedeva a passo spedito ma senza correre in direzione del centro». Riguardo all’altro rapinatore, che avrebbe imboccato la direzione opposta rispetto al complice, la donna lo avrebbe «visto appena e mi pare che indossasse una felpa o un giubbotto con alcune strisce rosse, ma io l’ho visto solo di spalle».
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