La flessione dei buyer, l’idea di Napoleone: se cambiassimo date?
L’ad di Pitti Tra pre collezioni e cruise la promozione del fashion è mutata Serve patto con Milano
Una leggera flessione rispetto a giugno dello scorso anno c’è. Pitti al terzo giorno dell’edizione 92 ha visto aggirarsi in Fortezza 18 mila compratori (lo scorso anno erano 20.500). Anche se c’è da dire che a giugno 2016 le presenze erano state superiori a qualunque media. Sono dati parziali che dovranno essere aggiornati oggi quando il salone chiuderà i battenti. Ma la loro prima scomposizione sottolinea delle buone performance quanto a buyers stranieri (i paesi più interessati a Pitti Uomo sono Usa, Corea, Russia e Nord Europa) e ancora un calo dei potenziali acquirenti italiani. Non ci sono le percentuali e i dati nel dettaglio, ma la prima evidenza è che una piccola battuta d’arresto c’è stata. Ragioni di politica economica internazionale o c’è altro? Parlando a latere di una tavola rotonda sull’artigianato, proprio ieri, Raffaello Napoleone che è ad di Pitti Immagine, un ragionamento sull’identità della manifestazione fiorentina e sul da farsi l’ha fatto. Ed è un ragionamento che se da un lato chiama in causa l’eterna rivalità Milano-Firenze in tema di fashion, di fatto tende a minimizzarla e anzi a prospettare un fronte comune tra le due città per competere a livell0 internazionale. «In Italia — ha detto Napoleone — c’è una sola Super fashion week, ed è evidente che, se si parla di sfilate, Milano è il centro di questo sistema. È lì che ci sono gli show-room, è lì che ci sono le redazioni di moda. È lì che i buyers arrivano con maggiore facilità per ragioni logistiche, visto che qui siamo penalizzati dall’aeroporto». La sua considerazione sembra penalizzante per Firenze, ma Napoleone tiene a ribaltare la questione. «Non lo è, perché Milano e Firenze sono due aspetti di un solo sistema. A me piace dire che noi siamo una mostra, non una fiera, perché è qui che i produttori, italiani e stranieri, mostrano le loro eccellenze. E quindi abbiamo un ruolo molto importante che esula da quello delle sfilate. Per altro, ricordo che qui c’è un’eccellenza artigiana che non esiste altrove. Perché sennò Dior o Gucci produrrebbero qui?. Ma, muovendoci in sinergia con Milano dobbiamo ragionare su un modo diverso di proporrla la nostra moda. Un tema serio è quello delle date. Gucci, per dire, ha bruciato tutti presentando la sua Cruise a Firenze a maggio. Un po’ ovunque si assiste alla presentazione di pre-collezioni. Io ricordo che un tempo Pitti si svolgeva a settembre e a febbraio e che ora siamo fissi a gennaio e giugno. Forse serve un aggiornamento». Ma questo aggiornamento chiama in causa anche le date della fashion week milanese, visto che Pitti e Milano vanno, una di seguito all’altra. La parola passa alla Camera della Moda di Milano. È pronta a spostare le date?