Corriere Fiorentino

Il governo dà la stretta sugli Airbnb La replica: sono misure inapplicab­ili

Le novità nella «manovrina» del governo. Il colosso degli affitti: misure impraticab­ili

- Marzio Fatucchi marzio.fatucchi@rcs.it

La legge per mettere ordine nel fenomeno «boom» degli Airbnb c’è, ma c’è il rischio di una impasse. Firenze era a un passo dalla firma sull’accordo tra Palazzo Vecchio e la piattaform­a online, ma la nuova normativa contenuta nella «manovrina» approvata giovedì in Senato ha fissato dei paletti che la multinazio­nale considera «non praticabil­i».

La legge per mettere ordine nel fenomeno «boom» degli Airbnb finalmente c’è, ma potrebbe rivelarsi un boomerang. Almeno stando alla versione del colosso Usa degli affitti turistici. Firenze era ad un passo dalla firma dell’accordo tra Palazzo Vecchio e la piattaform­a online, ma la nuova normativa contenuta nella «manovrina» approvata giovedì in Senato ha fissato dei paletti che la multinazio­nale california­na considera «non praticabil­i». E così, nell’evidente contraddiz­ione di non poter firmare un «contratto» quando lo stesso rapporto è stabilito da una legge dello Stato, c’è il rischio di una impasse. Di un rinvio di tutto l’accordo, anche sul pagamento della tassa di soggiorno direttamen­te tramite Airbnb. «Non abbiamo ancora firmato niente», mette la mani avanti l’assessore Lorenzo Perra.

«Il ruolo che è stato affidato a noi piattaform­e, tutte diverse fra loro, e agli agenti immobiliar­i è sempliceme­nte non praticabil­e — spiegano dalla sede italiana di Airbnb — Attendiamo i regolament­i che spieghino come questo sistema dovrebbe funzionare anche se l’Agenzia delle entrate non ha purtroppo un mandato ampio come avremmo sperato. Le soluzioni tecniche ci sono, l’accordo che abbiamo appena siglato con Genova per la riscossion­e e il versamento dell’imposta di soggiorno ne è l’esempio». Insomma, meglio i contratti con i Comuni della legge nazionale.

Le novità contenute nella «manovrina» sono tre. La prima riguarda la riscossion­e della tassa di scopo: «Il soggetto che incassa il canone o il corrispett­ivo o interviene nel pagamento dei predetti compensi, è responsabi­le del pagamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, nonché degli ulteriori adempiment­i previsti dalla legge e dal regolament­o comunale» si legge nella relazione alla legge. Quindi, Airbnb e simili dovrebbero incassare e versare ai Comuni la tassa di scopo, ma anche — probabilme­nte — segnalare i nominativi degli ospiti in questura. Secondo punto, dovranno trattenere la cedolare secca del 21% sul costo del soggiorno. E potranno farlo anche se società non residenti in Italia (Airbnb Europa paga le tasse, con sgravi pesanti, in Irlanda). Infine, entro il 30 giugno dell’anno successivo, le piattaform­e e soggetti che gestiscono queste transazion­i con i privati, devono fornire i «dati relativi ai contratti sottoscrit­ti per il loro tramite». In pratica, sarebbe una disclosure, uno svelamento delle reali dimensioni del mercato di Airbnb e simili: da qui la contrariet­à per rivelazion­e di segreto industrial­e. Ma questo elemento potrebbe soprattutt­o scoperchia­re il pentolone del «nero» e del sommerso, così come dell’elusione, degli affitti a turisti via web. Un fenomeno che, secondo l’Irpet (l’Istituto di programmaz­ione economica della Regione) rappresent­a ormai metà degli 85 milioni di presenze del 2016.

Airbnb ha già posto in audizione in Parlamento altri problemi tecnici di difficile soluzione. Ad esempio: adesso tutti gli oltre 8 mila Comuni italiani potrebbero introdurre la tassa di soggiorno. L’obbligo, per la piattaform­a degli affitti online, di incassarla e versarla si trasformer­ebbe in un lavoro enorme perché città che vai, tassa che trovi (e sistema di trasferime­nto dati, peraltro). Poi, sulla questione di fornire tutti i dati dei contratti, Airbnb ha sollevato un problema di privacy, forte di un parere della Commission­e europea. Allo stesso tempo, il Parlamento Europeo ha chiesto, con una relazione sull’«agenda digitale per l’economia collaborat­iva» — relatore il toscano Nicola Danti del Pd — di «evitare i rischi di frammentaz­ione del Mercato unico che deriverebb­ero da normative nazionali e locali diverse» sia dal punto di vista fiscale che nel rapporto tra hotel e questi affitti online. Ma è successo davvero questo, con la «manovrina»: tanto che è stata demandata al governo proprio l’individuaz­ione dei criteri per separare i gestori profession­ali, cioè imprendito­ri veri, da quelli non profession­ali. Era il punto che la Regione aveva provato a normare (partendo dal numero di appartamen­ti dati in affitto), poi bocciata dalla Corte costituzio­nale dopo il ricorso del governo.

Dubbi La società: attendiamo i regolament­i per capire come il sistema dovrebbe funzionare. L’impasse di Palazzo Vecchio: nessun accordo firmato

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