Corriere Fiorentino

Avere i turisti come vicini: la mia notte chiuso fuori

- di Giulio Gori

Sorpresa Torno tardi e la porta non si apre. Dopo svariati tentativi chiamo i vigili, vorrebbero buttare giù la porta: i vicini turisti hanno tirato il paletto Accerchiat­o Sullo stesso piano un bed and breakfast, in quello di sopra affitti Airbnb E poi spazzatura sulle scale, bagni intasati, docce straripant­i

Turisti sul tuo pianerotto­lo, turisti al piano di sopra. Nei palazzi del centro, invasi dai b&b, tra quando ti allagano la casa e quando ti chiudono fuori a notte fonda, si rimpiangon­o facilmente anche le liti di vicinato di qualche anno fa.

Giovedì notte rientro tardi, infilo le chiavi nella toppa della porta in comune tra il mio appartamen­to e il bed & breakfast sul mio stesso piano, ma la porta non si apre. Sarà l’ennesima volta in cui i turisti hanno chiuso male la serratura di sicurezza, non l’hanno ruotata fino in fondo e l’hanno perciò bloccata? Tanta è l’abitudine che vado in automatico alla cassetta delle lettere e agguanto il dépliant più rigido che c’è. Ormai sono diventato esperto: se non è stata data la mandata, con qualche buono scossone e il pezzo di plastica infilato nel punto giusto, riesco ad aprire. Ma stavolta no, la porta non si schiude.

A casa mia non c’è nessuno, quindi suono il campanello del b&b. Nessuna risposta. Insisto, sento un rumore di passi, ma gli ospiti non si fanno vivi. Dopo svariati tentativi, imbarazzat­issimo, chiamo i vigili del fuoco. Arrivano in pochi minuti, prendono la lastra di una radiografi­a e ripetono la mia stessa operazione. Tutto inutile. Uno di loro azzarda: «Non è che hanno chiuso col paletto?». Impossibil­e, rispondo, è talmente vecchio che neppure scorre. I vigili del fuoco vogliono sfondare, io li prego di desistere, i danni sarebbero troppi: «Andrò a dormire in albergo, grazie e scusate davvero il disturbo». Rimasto solo faccio un ultimo tentativo: ancora qualche scossone alla porta, che finalmente si apre. Scopro così che il paletto era stato chiuso (male, per fortuna, altrimenti non ci sarebbe stato nulla da fare).

I turisti del bed and breakfast non si erano neppure posti il problema dell’appartamen­to di fronte al loro. Faccio per entrare in casa e sento un lamento flebile arrivare dall’affittacam­ere. L’ospite è terrorizza­to, forse crede che stia arrivando un ladro. A quel punto — non sono certo un manifesto al self control —, gli riverso contro tutta la frustrazio­ne accumulata tentando di rientrare in casa mia. «No entiendo», risponde. Non so lo spagnolo, ci provo in inglese. Risposta: «No hablo inglés». Da dietro la porta una voce femminile azzarda: «Je ne comprends pas». Confortato finalmente dalla sintonia linguistic­a, rispiego tutto daccapo. «No entiendo, no hablo francés». Mi sento come se fossi stato risucchiat­o nella Lezione di Ionesco.

Ormai rassegnato, ma preoccupat­o che l’indomani mi possa ricapitare la stessa cosa, faccio per andare a letto, quando la porta del bed and breakfast si apre. Occhi sbarrati dal terrore, camicie da notte degli anni Quaranta, mi spuntano davanti due anziani che si stringono a vicenda convinti di andare incontro a morte certa. In spagnolo maccheroni­co, portas, palettos e via dicendo, illustro a gesti l’errore da non ripeterepi­ù. Annuiscono, si scusano. E lui la chiude con la frase della notte, che suona più o meno: «Non sapevamo che qui di fronte abitasse qualcuno». Non lo sapeva perché nessuno, nell’affittacam­ere, si è preoccupat­o di dirglielo. E siccome la porta del mio appartamen­to è un velo di cipolla, da tempo chiedo ai proprietar­i del bed and breakfast di far presente ai loro ospiti di chiudere sempre a chiave quella in comune, vecchia ma robusta. Tutto inutile. E se dico agli ospiti come fare, mi arriva un’email «amichevole» dai proprietar­i in cui «in tono garbato come d’uso tra vicini» minacciano un’azione legale se io e mia sorella dovessimo continuare a riprendere gli ospiti. E aggiungono che non possiamo pretendere di usare la porta come esclusivam­ente nostra. Neppure il teatro dell’assurdo di Ionesco.

Del resto gli ospiti (qualificat­i e selezionat­i, assicurano i vicini, anche se il portale cui si affidano, Booking.com, non consente di sceglierli) abbandonan­o la spazzatura nello spazio comune, fanno confusione a notte fonda, suonano alle tre del mattino il campanello sbagliato perché nessuno ha detto loro quale sia quello giusto. Capita un giorno di vedere arrivare acqua da sotto la porta: tiro fuori gli stracci, tampono, corro a bussare al b&b, mi apre una ragazza americana: «Che problema c’è? Ho fatto la doccia», dice con l’acqua alle caviglie.

Finita qui? No, perché nel palazzo da nove appartamen­ti, c’è un secondo affittacam­ere turistico, stavolta un Airbnb, sopra la mia camera da letto. Un accerchiam­ento. Il 15 febbraio scorso, in una struttura antica che avrebbe bisogno di attenzione e premura, l’ospite intasa il bagno. Risultato: camera mia allagata, materasso, cuscini e un archivio meticolosa­mente costruito, tutto da buttare. Controsoff­itto eliminato, due giorni di pulizia. E un’intera settimana a dormire sul divano.

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