Nel centro a Firenze si affitta così una casa su 6
Il «sommerso» Il Comune riceverà due milioni dalla tassa di soggiorno. Ma il «nero» è almeno altrettanto
Rispetto a due settimana fa, le case in affitto a Firenze sono passate da 8.272 8.382. Otto in più al giorno. Ad oggi una casa su sei, in centro, è destinata ai turisti. Non solo: se sono veri i dati anticipati da Airbnb a Palazzo Vecchio, più di metà dei soggiorni nelle case degli «host» della multinazionale Usa non pagano la tassa di soggiorno. E in Comune, numeri alla mano, credono che le stime fatte da Airbnb potrebbero essere al ribasso.
Un po’ di calcoli, incrociando i dati ufficiosi, quelli ufficiali ed i big data della società Airdna, un microscopio sul fenomeno Airbnb, raccontano una storia a tratti incredibile, per l’effetto che ha avuto su Firenze il portale degli affitti di case di privati via web. Partiamo da quelli ufficiosi. Una stima della stessa Airbnb, in vista dell’accordo sul pagamento della tassa di soggiorno direttamente da prenotazione online, parla di 4 milioni di euro di incassi l’anno. Nel 2014 Palazzo Vecchio ha incassato 958 mila euro, nel 2016 1,143 milioni, nei primi sei mesi del 2017 610 mila euro: a fine anno, presumibilmente, dovrebbero entrare almeno 2 milioni di euro. Questo significherebbe che ad oggi la metà delle presenze «eludono» (o semplicemente evadono) la tassa di soggiorno (la stima di Airbnb è stata fatta tenendo conto che tutti gli affitti fatti attraverso il web paghino la tassa di soggiorno tramite il portale). Ma quante presenze ci sono realmente a Firenze? La domanda è lecita perché il rapporto tra stima di Airbnb e pagamento attuale è identico al rapporto tra ricettività «legale» e «sommerso» indicato dall’Irpet, che ha ipotizzato (a livello toscano) un numero di presenze nel sommerso pari a quello in strutture registrate (arrivano così alla cifra monstre di 85 milioni di pernottamenti l’anno in tutta la Regione). Sempre se la stima di Airbnb fosse valida, si parlerebbe di almeno 1,6 milioni di presenze annue, di cui grosso modo la metà ancora «sommersa». Ma sappiamo anche che l’anno scorso, nella sola Firenze, i pernottamenti sono stati 15 milioni: quindi, se i dati del sommerso dell’Irpet sono reali, in realtà sia la stima di incassi di Airbnb che la stima di presenze derivata da quei 4 milioni di euro di incassi è quantomeno riduttiva. Insomma, in questo caso i conti non tornano.
Usando i dati Airdna sul numero degli host, sul tasso di occupazione medio, sulla disponibilità e sul costo medio delle stanze secondo la tipologia, si può elaborare una formula che indica il valore del fatturato complessivo: si parla di (almeno) 126 milioni di euro l’anno di «affitti» pagati. Da questa cifra, va tolta la percentuale che Airbnb fa pagare agli host e ai turisti (variabile tra 12% e 15%). E, stante la nuova legge sulle locazioni breve, la cedolare fissa del 21%. Ergo: se davvero fosse la multinazionale a gestire tutta questa partita, oltre ai ricavi «puri», gestirebbe un cash flow da circa 30 milioni di euro (a Firenze). L’ultimo aspetto però è: perché il boom? Solo per la rendita? Secondo una ricerca dell’università di Siena, l’incasso annuale medio per host, a Firenze, è di 5.300 euro. Un po’ poco, per pensare che sia questa l’origine del boom di case presentate sul web, passate dalle 1.500 del 2013 alle 9.900 di questo giugno. Il 53% delle case Airbnb di Firenze sono affittate praticamente tutto l’anno (da 9 a 12 mesi), «quindi praticamente questi sono alberghi» taglia corto l’assessore fiorentino Lorenzo Perra. Ma ci sono anche diversi «host» che propongono più appartamenti: oltre 1.200. Secondo i dati Airdna, chi ha un alto tasso di occupazione (dall’80% dei giorni in su) può arrivare tranquillamente a 60 mila euro l’anno con tre-quattro posti letto. «Da una parte ci sono pluriproprietari, ma anche quelli che hanno intestato più appartamenti ad altri in famiglia: gente che vive di rendita — dice il sociologo Luca Raffini —. Poi c’è il fiducioso, che usa la casa della nonna in centro, si trasferisce in periferia e ci fa un po’ di soldi. Nei mesi di Pitti, o in estate, affittano tutto, ma negli altri mesi la casa resta vuota». Questa differenza è dovuto soprattutto alla collocazione dell’appartamento (il costo al giorno e il tasso di occupazione è legato alla vivicinanza con il centro storico) e questo è l’elemento che porta sempre più residenti fuori dal centro: ieri le case offerte in Airbnb in centro erano 5.600. Cioè il 16% delle 35 mila (dati ufficio Statistica del Comune di Firenze) dentro ai viali: uno su sei, appunto. Si passa da «sharing economy, dove si condivide un bene con altri, ad un mondo diviso in due: da una parte un gruppo che sfrutta questa situazione liberista anarchica, senza regole, con veri imprenditori. Dall’altra “gig economy” economia della sussistenza”, con ricavi marginali». Ma tutti pazzi per Airbnb: e così i centri storici si spopolano completamente.