Tra due Chiese
Quante tensioni don Milani-Curia, coi Papi invece...
Quando don Lorenzo Milani fu esiliato a Barbiana, il 7 dicembre del 1954, un martedì di pioggia a catinelle, appena messo piede in canonica, corse in chiesa: si inginocchiò e pregò. L’indomani scese a Vicchio, andò in Comune e comprò una tomba nel piccolo camposanto: «Qui mi hanno mandato e qui voglio morire», confidò agli amici. Infine decise di scrivere alla mamma, molto preoccupata per il trasferimento a Barbiana, una località sconosciuta in casa Milani: «Cara mamma, non c’è motivo di considerarmi tarpato se sono quassù. La grandezza d’una vita non si misura dalla grandezza del luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose».
Da luogo dimenticato dallo Stato (non c’era la strada, la luce, la posta e meno che mai una scuola), a crocevia dei pantheon politici. Da luogo di esilio, da pietra scartata dai costruttori (la Curia fiorentina aveva deciso di chiudere la piccola parrocchia di Barbiana) , a pietra d’angolo della Chiesa di papa Francesco.
In Non so se don Lorenzo (Feltrinelli editore), Adele Corradi, la professoressa che aiutò, negli ultimi anni della sua vita, don Milani a fare scuola , chiedendosi in che senso il priore possa definirsi «testimone del Vangelo», osserva che è Barbiana il suo vangelo. «Barbiana si può ben dire opera di don Lorenzo. E’ esistita perché l’ha inventata lui”, scrive la Corradi. Forse è questa la ragione che ha indotto il papa a salire a Barbiana: perché è il luogo che meglio racconta i valori evangelici incarnati da don Milani».
Che Barbiana sia stata fin dall’inizio dell’esilio del priore il palcoscenico della sua testimonianza evangelica lo capirono subito i contadini del luogo e i loro ragazzi. Racconta l’ex allievo Nevio Santini.“Fino ad allora, a esempio, per i campi che appartenevano alla chiesa vigeva il sistema della mezzadria, ma don Milani vi rinunciò: ‘I terreni li lavorate voi ed è giusto che prendiate il raccolto per intero. Poi se vi avanza qualcosa...’, disse il priore ai suoi mezzadri».Ma lo capirono anche molti cattolici, preti e persino qualche vescovo, che magari in incognito saliva a far visita al priore. Sì Barbiana esilio, qualcuno l’ha definita una Siberia ecclesiastica, ma anche punto di riferimento per molte coscienze inquiete e in ricerca. E se la Curia fiorentina esiliò don Milani a Barbiana, almeno due papi, Giovanni XXIII e Paolo VI, gli mandarono assegni medicine contro il cancro e anche missive dirette e indirette di simpatia. Il punto Protagonista Sopra Don Lorenzo Milani coi suoi ragazzi a Barbiana di contatto tra Barbiana e il Vaticano fu monsignor Loris Capovilla, segretario di papa Roncalli e collaboratore poi di Montini. Dopo una visita con i ragazzi ai musei vaticani e all’udienza del papa, il 28 maggio 1962, a esempio, don Milani scrisse al segretario del papa una lettera per denunciare il caro-biglietti e la maleducazione degli addetti pontifici «insensibili di fronte a ragazzi di montagna, sensibili solo alle contesse tinte e ingioiellate». Capovilla quella lettera non la cestinò ma la fece leggere Mons. Capovilla Paolo VI su questo prete».
Già con il cardinale Giovanni Benelli, successore di Florit, a partire dal 1977, cambiò il clima tra la Curia fiorentina e Barbiana. Fin dall’omelia del suo insediamento, Benelli invitò la Chiesa fiorentina a superare «le ferite del passato».
Ma sarà l’arcivescovo Silvano Piovanelli, compagno di seminario di don Milani, a far pace con il priore. Il 30 novembre del 1986 salì a Barbiana e nel libro delle firme,apposto nella cappellina del piccolo cimitero, vergò a mano una lunga dedica auspicando che « il messaggio di don Lorenzo sia raccolto e seguito». Dopo di lui anche i successori, gli arcivescovi Ennio Antonelli e Giuseppe Betori, hanno fatto visita alla tomba del priore. E Barbiana e piazza San Giovanni, sede della Curia fiorentina, hanno accorciato le distanze, superate le diffidenze e gettate le basi per la visita di papa Francesco. E il 26 giugno, il giorno anniversario della morte di don Milani, l’arcivescovo Betori ha annunciato che si recherà a Barbiana dove celebrerà messa con tutti i sacerdoti della diocesi: «un segno di come i preti di oggi si sentono vicini all’esperienza di don Lorenzo Milani e lo considerano una delle figure più significative della storia del nostro presbiterio».
Si chiude così il cerchio di una storia lunga, dolorosa ma anche esaltante. Ora comincia per la Chiesa il tempo della sfida. Il tempo difficile della coerenza a un’eredità da non disperdere negli ossequi formali e nei facili santini, ma da rendere viva e attuale nelle tante Barbiana sparse da noi e nel mondo.
(2-Fine, la precedente puntata è stata pubblicata il 16 giugno 2017)