Corriere Fiorentino

IL DIVIETO DI PAREGGIARE

- di Paolo Armaroli

L’impotenza della politica genera disaffezio­ne tra i cittadini. Lo si è visto al primo turno delle amministra­tive. Nelle precedenti consultazi­oni i votanti erano stati il 66%, adesso appena il 60. E per la prima volta l’affluenza alle urne è stata in Toscana inferiore alla media nazionale. Si procede con il passo del gambero. L’astensioni­smo ha penalizzat­o soprattutt­o i Cinque Stelle. Perché il partito è allergico alle coalizioni. Perché la classe politica locale è quella che è. Perché con il precario accordo raggiunto tra i quattro grandi sul sistema elettorale similtedes­co, il tradiziona­le elettorato grillino ha ripudiato l’omologazio­ne del Movimento agli altri partiti. Ma anche il Pd è stato penalizzat­o dall’astensioni­smo. Renzi si è mosso a tutto campo. Fin troppo. È partito dal maggiorita­rio per approdare al proporzion­ale di marca germanica. Con una disinvoltu­ra che ha creato disorienta­mento. Era chiaro che al segretario del Pd non importava questo o quel sistema elettorale ma andare a elezioni anticipate il prima possibile. Anche a rischio di precipitar­e nella palude dell’ingovernab­ilità.

Il similtedes­co è apparso e scomparso nell’aula di Montecitor­io nel giro di poche ore. Affondato a scrutinio segreto dai Cinque Stelle, poco inclini a fare comunella con tutti quanti gli altri, e dai franchi tiratori del Pd intolleran­ti nei riguardi del loro segretario. Parce sepulto. L’unico aspetto positivo di questa ipotesi di sistema elettorale era rappresent­ata dal fatto che i quattro maggiori partiti — Pd, Cinque Stelle, Lega e Forza Italia — lo avevano tenuto a battesimo. E le regole del gioco, a cominciare dal sistema elettorale che può essere definito la spina dorsale di un regime, è bene che siano approvate a larga maggioranz­a.

Aldo Moro sosteneva che è meglio aver torto insieme che aver ragione da soli. Ma quest’opinione è profondame­nte illiberale. Anche perché il «torto» lo si vedeva a occhio nudo. Prima sarebbero passati i capilista bloccati, poi i vincitori nei collegi, poi i candidati successivi ai capilista, infine i migliori perdenti nei collegi. E i capilista, cocchi di mamma dei partiti, potevano presentars­i in più circoscriz­ioni. Con questo arzigogolo i capilista potevano avere il sopravvent­o sui vincitori nei collegi. Ed ecco la pezza peggiore del buco. Si è ridotto il numero dei collegi in favore delle liste circoscriz­ionali. Di modo che la quasi totalità dei parlamenta­ri non sarebbe stata eletta ma nominata da Sua Maestà la Partitocra­zia. Al punto da rimpianger­e i cavalli di Caligola.

Non tutti i mali vengono per nuocere. Abbiamo una tabula rasa. E i sistemi elettorali per la Camera e il Senato sbertuccia­ti dalla Corte costituzio­nale sono dei moncherini normativi talmente diversi che non garantireb­bero un minimo di governabil­ità. Sergio Mattarella ha detto e ridetto che occorrono sistemi omogenei. Hic Rhodus, hic salta. Per fortuna un buon sistema che piaceva a Giovanni Sartori ce l’abbiamo sotto gli occhi. È quello per le comunali. Certo, non darebbe le medesime garanzie a livello nazionale. Ma il doppio turno di coalizione ci darebbe due poli contrappos­ti. Con il terzo incomodo di Grillo, la cui stella potrebbe appannarsi. Ha fatto sua la bandiera del tanto peggio, tanto meglio. E se la buona politica facesse finalmente capolino, per lui sarebbero guai. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Giuliano Amato ha tenuto a precisare che, sentenze della Consulta alla mano, il doppio turno alla francese e quello in vigore per i nostri Comuni sopra i 15mila abitanti non violano la Costituzio­ne. E il Dottor sottile, si sa, non parla mai a caso.

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