Corriere Fiorentino

Il caso Indipenden­za: la mobilitazi­one dei residenti dopo l’ultima rissa L’appello a Nardella: «Salvi questa piazza»

Un’altra lettera dai residenti dopo la rissa di venerdì: non usciamo più, a rischio la nostra incolumità

- Giulio Gori

Dopo la rissa di venerdì un’altra lettera aperta indirizzat­a al sindaco Nardella dai residenti di piazza Indipenden­za. Una richiesta d’aiuto per una situazione divenuta insostenib­ile.

Una lettera aperta (l’ennesima) indirizzat­a a Dario Nardella per denunciare che in piazza Indipenden­za ci sono spaccio, prostituzi­one, bivacchi, bische, vendita abusiva di cibo e alcol, confusione notturna, sporcizia. I residenti, alla luce dell’ennesimo caso, la rissa di venerdì in cui cinque persone si sono prese a sprangate in pieno giorno, denunciano i rischi per «l’incolumità degli abitanti». «Ormai i cittadini sono espropriat­i di questa piazza» scrive il comitato di piazza Indipenden­za. Che chiede a Nardella di sottoscriv­ere un impegno per la rinascita della zona. «Siamo nel centro Unesco di Firenze, ma sembra di essere nel Bronx», dicono. E preannunci­ano una manifestaz­ione «clamorosa», che verrà fissata per la prima metà di luglio.

«Il Comune ha stanziato 300 mila euro per rifare la pavimentaz­ione della piazza ma non basta — dice Ornella Grassi, una residente — Il verde è indecente; poi ci vuole un presidio fisso della polizia municipale, non una volta ogni tanto; infine un regolament­o molto rigido: anche se non c’è nulla di male a mangiare un panino su una panchina, bisognereb­be vietarlo per mesi per sperare di riuscire ad allontanar­e chi viene qui a mangiare e vendere la pastasciut­ta. Infine dei progetti culturali per riappropri­arsi della piazza e allontanar­e lo spaccio». «Il Comune è impotente? — aggiunge Grassi — Bene, che faccia qui quel che fa in Santa Croce, che butti acqua su chi bivacca, visto che l’erba è anche secca. Non è ammissibil­e che piazza Indipenden­za diventi lo sfogatoio in cui si concede tutto, il cono d’ombra che consente di tenere in ordine le altre piazze del centro». Grassi, da aprile 2015, fece parte della commission­e «decoro» del Quartiere 1: durante quell’esperiment­o i controlli permisero di allontanar­e i filippini che vendevano riso e pasta. Rimasto senza mensa, poco a poco anche il resto della comunità sparì. E, senza quel gruppone che faceva da schermo alla vista, anche lo spaccio allentò la presa. Poi, ad agosto 2015, la commission­e fu chiusa, e il giorno dopo la piazza era di nuovo invasa.

Oggi c’è chi ha rinunciato a portarci i figli: «Il lato di Fanfani è quello più tranquillo, ma l’area giochi è ormai un gabinetto. E non parlo di pipì», dice un residente. La notte, poi, è il caos: «Non si dorme, spesso i tamburi suonano fino alle tre», racconta Luigi Oldani. Luigi di sera evita di passare attraverso i giardini: «Io lì non ci entro. Cammini e se incroci lo sguardo di qualcuno, quello comincia a fissarti e magari ti segue, perché sospetta che tu sia lì per controllar­e. E guai a tirar fuori di tasca il cellulare: potrebbero pensare che tu voglia scattare delle foto. È roba da Bronx, ma siamo, saremmo, nel centro Unesco di una delle città più belle del mondo». Denunce che non hanno nulla di nuovo. Parole che i residenti pronuncian­o da anni. Nel vuoto. Il 4 maggio 2016, il Comitato di piazza Indipenden­za, ormai esasperato, scrive una lettera aperta al Comune per denunciare l’«assedio».

Il giorno dopo Palazzo Vecchio promette un intervento forte: «I risultati si vedranno a breve». Una settimana dopo Nardella va in piazza a ripetere la promessa. A fine mese, la comunità filippina viene fatta traslocare alla Fortezza, ma il 5 luglio i residenti denunciano che lo spostament­o è stato solo una farsa. Tre giorni dopo, una nuova lettera del comitato a Nardella: «Basta prenderci in giro». Il sindaco risponde «lavoriamo pancia a terra». Il comitato apprezza, ma chiede «fatti». Il 27 luglio Nardella incontra i residenti: «L’impegno su piazza Indipenden­za è forte». Il 28 arrivano i controlli, ma le multe sono solo per le auto in sosta vietata. I bivacchi restano. Il 31 luglio ecco la firma tra Quartiere 1 e comunità filippina per il trasloco alla Fortezza. Ma solo in pochi cambiano piazza. Il 13 agosto i residenti parlano già di «accordo fallito». A ottobre il comitato chiede un nuovo incontro a Nardella. Che non avviene. E il 5, coltellate, lanci di bottiglie tra bande di spacciator­i. D’inverno, i bivacchi diminuisco­no, non lo spaccio. Ma bisogna aspettare il 13 marzo 2017 per la prima grande operazione antidroga: 50 identifica­ti, due arresti. Ad aprile, col bel tempo, riecco i bivacchi. Il 22 maggio, un nigeriano lancia bottigliat­e contro chi lo filma col cellulare perché urina su un’auto. E venerdì sera, la guerra tra bande, con la spalliera di una panchina divelta e usata come spranga.«Siamo delusi, arrabbiati — dice Grassi — Palazzo Vecchio è avvisato: saremo una spina nel fianco finché non vinceremo questa battaglia».

Cibo e degrado Serve un presidio fisso di polizia municipale, un regolament­o rigido che vieti bivacchi e un progetto culturale per riappropri­arsi dell’area Le paure L’area giochi ormai è un gabinetto e guai a entrare ai giardini di notte: i pusher potrebbero pensare che tu sia lì per spiarli

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Una delle panchine di pietra di piazza Indipenden­za dopo i bivacchi Di fianco, la comunità filippina durante uno dei tanti pic-nic organizzat­i nella piazza

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