Corriere Fiorentino

L’altro volto del mercato viola «Cessioni? Sì, per rinascere»

Il direttore sportivo Freitas, braccio destro di Corvino: vendere non è mai un dramma Poi su Berna: è speciale. Ma anche il Dortmund ha lasciato andare talenti, questione di mentalità

- di Ernesto Poesio

«Ho un lavoro da finire qui. Per me è un’occasione da non fallire». Carlos Freitas inizia così la sua «prima intervista da quando sono a Firenze. Preferisco restare lasciare ad altri il palcosceni­co quando le cose vanno bene, ma adesso è uno di quei momenti in cui i dirigenti devono metterci la faccia». E quella del direttore sportivo della Fiorentina, carica che riveste dal 15 giugno di un anno fa, non è semplice da decifrare. Un po’ come la nuova Fiorentina.

Una certezza però c’è già. Che quella di Freitas sia l’altra faccia del Portogallo viola, così diversa da quella di Paulo Sousa. Il manager venuto da Lisbona è decisament­e più cinico, pratico, realista, poco propenso a indulgere nella retorica o a smuovere passioni. Un po’ come Jorge Mendes, il discusso e potentissi­mo procurator­e che smuove milioni di euro e gestisce giocatori come Cristiano Ronaldo, Falcao, Sanchez, Thiago Silva e che è stato accostato in passato proprio a Freitas. « Lo conosco da 20 anni, con lui fatto tante operazioni. Non credo ci sia nulla da nascondere. Siamo amici, ma state tranquilli qui a Firenze visto i giocatori che ha, sarà dura avere a che fare con lui...». Realismo appunto, in casa viola la strada è tracciata.

Direttore, l’inizio di questo mercato vede la Fiorentina tra le squadre che più si sono mosse. Ci dobbiamo aspettare un’estate intensa?

«Certo, sappiamo bene ciò che abbiamo preso per ora. Hugo, ad esempio, è una certezza. La Fiorentina sarà attenta e attiva. Deve esserlo perché dobbiamo costruire una squadra che abbia spessore europeo. Negli ultimi 5 anni questo club è andato quattro volte in Europa. Dobbiamo tornarci».

Sarà una rivoluzion­e che cambierà molto il volto della squadra degli ultimi 5 anni?

«Ci sono giocatori per cui il ciclo a Firenze è finito, altri invece che vogliamo vendere».

Com’è lavorare con Corvino? Ci può dire un pregio e un difetto di Pantaleo?

«Il pregio è la sua franchezza, il difetto è di non contare mai fino a 10. A volte è troppo impulsivo. Abbiamo età diverse, ma non c’è l’obbligo di guardare il mondo con gli stessi occhi. E poi è cambiato, prima faceva tutto da solo...».

Da dove ripartiret­e? L’ultima Fiorentina ha dato l’impression­e di non essere sufficient­emente squadra.

«Se a 5 giornate dalla fine sei in corsa, e perdi la qualificaz­ione contro Empoli e Palermo e se con le piccole perdi 10 punti in casa significa che è mancata la volontà collettiva. Ero convinto che si potesse giocare in un altro modo, ma dovevamo stare a fianco dell’allenatore».

Quindi questa squadra si è complicata la vita da sola...

«Il calcio a volte è più semplice di quello che si vuole far credere. Se resti concentrat­o e hai molto più talento degli altri, allora vinci. Si parla tanto di sistema di gioco, ma credo che il modello sia più importante. È la base su cui scelgo i giocatori».

Sousa non sembrava pensarla così...

«Per quanto riguarda lui, la partita con il Borussia è stata un punto di non ritorno, anche nei rapporti interni. Corvino ha fatto un lavoro strepitoso per tenere a galla la barca».

Però alla fine la Fiorentina si è ritrovata fuori dal calcio europeo che lei conosce molto bene avendo lavorato in Portogallo e in Francia. Cosa manca all’Italia?

«Naturalmen­te le squadre B, gli investimen­ti per il settore giovanile ma anche il limite al numero di extracomun­itari è un problema perché invece di proteggere il mercato interno, rende i giocatori italiani praticamen­te inaccessib­ili. Se ci fosse più concorrenz­a, anche i prezzi gonfiati dei talenti interni diminuireb­bero».

Non resta che costruirli in casa allora i giocatori italiani. Solo che poi appena crescono diventa quasi impossibil­e trattenerl­i. Basta pensare a Donnarumma o in casa viola a Bernardesc­hi.

«Quando ero allo Sporting ho avuto Ronaldo che aveva 13 anni. Intendiamo­ci in quel caso gli unici da ringraziar­e sono il padre e la madre. Io sono stato solo fortunato, e sono orgoglioso di avergli dato la possibilit­à di farlo giocare a 17 anni in prima squadra. Però con i soldi della sua cessione abbiamo comprato 7 campi allenament­o, un mini stadio e alberghi. Il risultato è stato veder giocare titolari e vincere l’europeo nove giocatori del nostro settore giovanile».

In Italia però sembra essere più difficile...

«Bisognereb­be che in Italia si avesse più rispetto per gli altri campionati. Servirebbe ai tifosi per giudicare meglio i giocatori stranieri che arrivano». Sì, ma Bernardesc­hi? «Il passo la Fiorentina l’ha fatto. E nessuno è stato messo in vendita, nemmeno Kalinic. Poi se arriverà un’offerta la studieremo, senza fare drammi. Si deve capire che una cessione non va a scalfire la competitiv­ità. Il Dortmund ha venduto Gotze e Hummels al Bayern, eppure... Bisognereb­be parlare di certe cose con naturalezz­a, aiuterebbe. Se una società ha un fatturato tre volte superiore al mio e fa delle offerte che non posso pareggiare, non significa che ho lavorato male. Per tornare a Berna è un giocatore fatto in casa, speciale. Per questo gli abbiamo proposto un contratto senza clausola».

Un’eccezione o un cambio di filosofia della Fiorentina?

«Vengo da un Paese in cui la clausola è sempre una forma di tutela. Non significa mettere un cartello vendesi, ma vedo che in Italia è diverso. E lo sto imparando».

Diciamo che all’estero le clausole sono spesso fuori mercato, mentre in Italia...

«Questione di punti di vista, io non la penso così». E su Borja come la pensa? «È un giocatore sotto contratto, è stato indispensa­bile per Sousa e ha costruito una bella storia con Firenze. Per il momento è della rosa».

Ne parlerete anche con Pioli immagino. Che impression­e le ha fatto?

«Ottima, molto preparato, interessat­o, un grande conoscitor­e della piazza. Conosce la pressione di dover vincere».

Le ha chiesto qualcuno? Magari Simeone?

«Noi abbiamo Kalinic e Babacar, ma dobbiamo essere preparati a ogni tipo di eventualit­à. Simeone ci ha fatto un’ottima impression­e. E insieme a Schick è stata la sorpresa dell’ultima stagione. E se Nikola va via...».

Borja Valero Non è sul mercato, ma bisognereb­be riuscire a parlare di certe cose con naturalezz­a Per ora è della rosa, lo aspettiamo a Moena Cristiano Ronaldo L’ho conosciuto quando aveva 13 anni, con la sua partenza il mio Sporting costruì centro sportivo, hotel e un grande settore giovanile Giovanni Simeone Ha fatto un ottimo campionato, con Schick è la sorpresa dell’anno È forte, può essere un’ipotesi in caso di addio di Kalinic

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Carlos Freitas è arrivato a Firenze l’estate scorsa voluto dal dg Pantaleo Corvino
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