IL CASO DELLA VALLE. O UN CASO FIRENZE?
Il progetto nuovo stadio alla Mercafir subirà rallentamenti dopo l’annuncio di vendita dei Della Valle?
Sia il Comune che la Fiorentina assicurano di no. Il sindaco Dario Nardella è stato chiarissimo: «Si va avanti senza se e senza ma». Palazzo Vecchio insomma è deciso a risolvere la questione dello spostamento del mercato ortofrutticolo a Castello (nell’area UnipolSai) e si dice pronto a dare il via libera alla procedura di project financing per assegnare l’appalto per la costruzione e la gestione della cittadella viola. La novità però è un’altra. Nonostante il comunicato choc di lunedì scorso infatti, anche il club viola è pronto a fare la sua parte: la Fiorentina ha fatto sapere di non aver alcun motivo per frenare i lavori e di voler rispettare al 100 per cento gli impegni presi con la città e con i tifosi. Avanti dunque con il lavoro del presidente Mario Cognigni e della consigliera Daniela Maffioletti: entro il 31 dicembre sarà consegnato a Palazzo Vecchio il progetto definitivo, con tanto di piano di sostenibilità economico-finanziaria. La volontà comune resta quella di posare la prima pietra nel 2019 e di veder giocare la prima partita a Novoli entro la fine del 2021. A prescindere dal fatto che i Della Valle continuino a essere o no i proprietari della Fiorentina. Perché, eventualmente, potrebbero vendere il club anche dopo aver ricevuto l’ok per la costruzione.
Serve davvero a Firenze e alla Fiorentina un nuovo stadio più piccolo, da 90 milioni di euro, come proposto dal presidente di Confindustria Luigi Salvadori?
Nel calcio moderno un nuovo stadio funziona solo se di proprietà di un club professionistico e se porta con sé una serie di attività commerciali e ricreative. Lo scopo infatti è quello di far aumentare il fatturato e il valore economico della società. Lo dimostrano le poche altre esperienze italiane (Juventus in primis) e quelle dei campionati esteri (soprattutto Premier League e Bundesliga). Un altro stadio come il Franchi, sarebbe sì più comodo e moderno, creerebbe sì nuovi posti di lavoro nel breve periodo per la costruzione, ma non darebbe alcun valore aggiunto a una squadra come la Fiorentina.
L’eventuale stop alla costruzione del nuovo stadio a Novoli potrebbe avere ripercussioni sullo sviluppo di quell’area della città?
Se il nuovo stadio e il maxi centro commerciale, comprensivo di hotel e outlet del lusso, non fossero realizzati, è evidente che Novoli perderebbe una storica occasione di sviluppo economico e di creazione di nuovi posti di lavoro. Senza l’arrivo dello stadio, probabilmente si bloccherebbe anche il trasferimento del mercato ortofrutticolo a Castello, e riprenderebbe quota il rifacimento radicale della Mercafir sugli attuali terreni, dove comunque lavorano circa 2.000 persone. Sarebbe, quindi, l’ennesima batosta allo sviluppo urbanistico del quadrante Nord-Ovest di Firenze, ormai una sorta di maledizione dopo il caso di Castello, la cui urbanizzazione fu bloccata oltre 30 anni fa dal Pci di Occhetto e nove anni fa dalla maxi inchiesta della procura.
Quali possono essere le difficoltà nelle procedure di vendita di una squadra di serie A come la Fiorentina?
Al di là dell’auspicio di un «progetto serio e solido fatto da fiorentini veri» contenuto nella bellicosa dichiarazione di vendita di lunedì scorso, i Della Valle sanno bene che i possibili acquirenti della Fiorentina non possono essere individuati a Firenze. O almeno non solo. Da qualche mese il fratelli Tod’s hanno dato mandato a una banca internazionale (Goldman Sachs) e a un altro advisor straniero di sondare il mercato per trovare eventuali acquirenti (valutazione tra i 200 e i 250 milioni di euro). Il fatto è che in questo momento la serie A — per la grande litigiosità dei club anche su diritti tv, per la scarsità di stadi di proprietà e per l’assenza di un progetto condiviso di valorizzazione del calcio italiano — è un campionato economicamente poco appetibile rispetto a Liga, Premier, Bundesliga e perfino alla Ligue 1. In questo contesto diventa molto più complicato l’acquisto di un club come la Fiorentina che, pur avendo sede e storia in una città dal richiamo internazionale, non ha un bacino d’utenza importante come, per esempio, quello di Milan e Inter, di recente acquistati da due gruppi cinesi. Un acquirente avrebbe senz’altro più interesse nel caso in cui i Della Valle riuscissero a ottenere anche solo i permessi per la realizzazione di stadio e mini cittadella commerciale nell’area Mercafir.
Sarebbe possibile a Firenze una forma di azionariato popolare?
«Azione viola» ci provò ai tempi della fine dell’era Cecchi Gori, per tentare un disperato salvataggio dell’allora Ac Fiorentina. I promotori misero insieme un capitale sociale da 100 mila euro, ma tutto si fermò lì. Un destino più o meno simile ebbe anche il tentativo di azionariato popolare per affiancare i Pontello, che non a caso restarono soli al comando almeno fino al passaggio di proprietà (proprio con i Cecchi Gori) del 1990. In Europa ci sono vari modelli, sempre sostenuti da una legislazione ad hoc che al momento manca in Italia. Quello spagnolo, modello Barcellona e Real Madrid, ha una struttura complessa, con i tifosi soci del club e «proprietari» del loro posto allo stadio: qui è difficilmente replicabile. Mentre quello tedesco (anche il Bayern Monaco ha quote dedicate dall’azionariato affiancate alla presenza di grandi gruppi industriali) è sostenuto dalle leggi nazionali (in Germania nessun club può avere un socio che abbia più del 50% del capitale sociale).
Se non arrivasse un acquirente in tempi brevi, senza gli investimenti dei Della Valle cosa potrebbe succedere alla Fiorentina?
Sicuramente il rischio è quello di un salto indietro nelle posizioni del calcio italiano: in 15 anni i Della Valle hanno investito 221,3 milioni di euro (in media 15 l’anno). Soldi che sono serviti a permettere di pagare gli ingaggi a calciatori di fascia medio-alta e quindi di mantenere la Fiorentina quasi sempre nelle parti alte della classifica di serie A. Senza l’intervento diretto dei Della Valle il monte ingaggi dovrà per forza di cosa essere diminuito. Azzerando così, almeno sulla carta, la differenza con squadre assimilabili alla Fiorentina per bacino d’utenza e grandezza delle città, come Genoa, Bologna, Torino, Sampdoria.
Quale può essere il ruolo di Palazzo Vecchio in questa fase?
Palazzo Vecchio può avere una funzione esclusivamente politica, fattore centrale per la famiglia Della Valle, che con il comunicato della messa in vendita ha messo gli imprenditori e i possibili acquirenti fiorentini davanti alla realtà: nessuno sembra avere la forza economica e la volontà di investire centinaia di milioni. Il sindaco Dario Nardella, tre settimane fa, ha sentito al telefono Diego Della Valle. Ma poi, almeno per il momento, non è seguito alcun incontro, che però potrebbe avvenire nei prossimi giorni. In questo momento di massimo scontro con una parte della città, la vicenda del nuovo stadio non è il cardine di una possibile svolta. Di certo, il Comune, nonostante l’annuncio della messa in vendita, non potrà permettersi passi falsi: la Fiorentina, dopo aver chiesto a Palazzo Vecchio una proroga di sei mesi, ha tempo fino al 31 dicembre per presentare il progetto nell’area Mercafir. E il sindaco, al contempo, ha promesso che prima di fine anno sarà approvata la procedura per trasferire il mercato ortofrutticolo a Castello, condizione essenziale per far costruire lo stadio. Ora resta da capire se gli impegni saranno tutti rispettati.
La Fiorentina fa sapere che ha intenzione di andare avanti con il progetto per il nuovo stadio alla Mercafir. Nei prossimi giorni probabilmente ci sarà un incontro tra il sindaco Nardella e il presidente Cognigni