Tagli e investimenti, così la Toscana non resterà a secco
Caro direttore, l’emergenza idrica dovuta alla perdurante siccità continua ad essere un caso nazionale, e la Toscana non fa eccezione. Il consorzio Lamma, nel suo ultimo report relativo al mese di giugno, ha riassunto la situazione con numeri significativi: in sette capoluoghi su 10 è piovuto il 65% in meno, con la sola città di Livorno a registrare un +17%; i giorni di pioggia sono stati inferiori dappertutto, con una media di circa -2.6 giorni, pari a -50%; giugno, infine, è risultato molto più caldo rispetto alle medie, con punte di +5°C di massima nelle zone interne e +2°C di minime nel resto della regione. Lo stato di emergenza idrica e di crisi idropotabile dichiarato dalla Regione Toscana c’è, e solo un ulteriore sforzo di investimenti aiuterà in futuro a prevenire situazioni simili, purtroppo sempre più frequenti. In questo contesto tuttavia, la recente relazione annuale dell’Aeegsi (Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico) sui servizi idrici, parla di un settore che torna ad investire, dove la tariffa cresce (per finanziare gli investimenti, pur restando sempre la più bassa d’Europa), migliora la qualità dei servizi e si affrontano i nodi critici del Paese, primo su tutti la depurazione. Obiettivo primario della nuova regolazione tecnica nei servizi idrici, affidata dal 2012 all’Aeegsi, era proprio il rilancio degli investimenti, che sta di fatto avvenendo grazie ad una regolazione silenziosa, lontana dalle polemiche politiche di inizio decennio ma efficace. Dal 2016 al 2019 sono previsti 10 miliardi di investimenti per acquedotti, depurazione e fognature. Spese fondamentali, per superare un ritardo infrastrutturale che spesso porta il nostro Paese a pesanti sanzioni da parte dell’Unione Europea. Tali investimenti accompagnano una sempre più crescente stabilità normativa che sta aiutando il settore nella crescita sancita dall’Aeegsi, grazie anche al pionieristico lavoro della Toscana. L’organizzazione delle Ato (Autorità d’ambito territoriale ottimale) infatti è migliorata, passando da 70 del 2014 a 64 oggi, e la razionalizzazione è dovuta soprattutto all’affermarsi del modello di Ato unico regionale che, partito dalla nostra regione, si è affermato in 12 altre regioni. Si riduce il numero delle gestioni, erano 2.600 nel 2014, nel 2017 ne sono state censite 2.100. Va detto però, a conferma della bontà della riforma, che 1.300 di queste gestioni riguardano Ato in cui la normativa vigente non è mai stata applicata. In realtà gli operatori industriali sono circa 400, e i primi quattro per dimensione coprono il 35% della popolazione. Insomma la «rivoluzione industriale» del settore idrico sta prendendo finalmente forma, a 23 anni dalla Legge Galli, e la Toscana ne rappresenta il punto più avanzato: un’unica Autorità regionale competente ed indipendente (modello da seguire per i rifiuti), sette gestori con conti in ordine, investimenti fra i più elevati in Italia e alta qualità del servizio.