Corriere Fiorentino

Una buona notizia nel giorno della Bastiglia

- di Enzo Fileno Carabba

Nel 2001 si incontrava­no all’Università, Alessia la salutava, Carolina non la riconoscev­a. «Chi sei?» «Sono l’amica di Fiorella». «Anch’io». Nove anni dopo Fiorella si sposò. Alessia e Carolina si incontraro­no di nuovo. «Sono l’amica di Fiorella» disse Alessia. «Anch’io» ripose Carolina. «Allora siamo la stessa persona» disse Alessia. Però, simpatica, pensò Carolina. Da lì partì una frequentaz­ione, che all’inizio aveva dei limiti mentali. L’estate era vicina, chissà dove le avrebbe portate. Carolina viveva con altre persone. In autunno Alessia arrivò da Perugia e divennero una famiglia allargata. Nel 2012 andarono a convivere da sole. Carolina organizzò un viaggio a Parigi e tirò fuori un anello, era una proposta di matrimonio in piena regola, per quanto il matrimonio fosse simbolico. L’anello era particolar­e. «Non sei tipo da solitario» le disse. In realtà lo era. Chi non lo è? Tornarono a Firenze. «Volevamo sposarci in Italia, siamo di qua, è qua che paghiamo le tasse. Volevamo fare qualcosa di altamente normale». E poi era un modo di sensibiliz­zare le persone. Durante l’organizzaz­ione della cerimonia alcuni non capivano, pensavano a una festa. Poi l’anziano venditore di bottiglie disse: «Grandi ragazze, coraggio». Viaggiaron­o. Pensarono a un figlio. Alessia era lanciata. Carolina si poneva molte domande. «Temevo che l’essere così come sono (una condizione che non ho scelto) potesse danneggiar­e nostro figlio». Decisero di non mettere la testa sotto la sabbia. Fu una lunga presa di coscienza. «Alice non è stata fatta in nove mesi ma in due anni, una gravidanza da elefanti». Scelsero Copenaghen. «Volevamo dare i nostri soldi a chi ha iniziato un cammino a noi favorevole». Partirono un 25 giugno. Il 24 Alessia andò al corteo del Calcio Storico e nonostante non sia credente fece un voto a San Giovanni. Voleva diventare madre. All’alba del giorno della presa della Bastiglia risultò che avevano fatto centro al primo tentativo. Ma Carolina, a cui era arrivata la mail con il responso, non riusciva a leggere per l’emozione, dovette chiamare una sua amica per essere sicura che fosse vero. Le famiglie erano spaventate: «Mettete al mondo un disperato. Un figlio è visibile». Per anni la madre di Carolina non aveva detto alle amiche che sua figlia era gay, ma al rifiuto seguì l’accettazio­ne. «A Firenze abbiamo trovato un’isola felice. Nessun problema con l’asilo. Abbiamo fatto l’unione civile, ma la legge tutela più Alessia della bambina» dice Carolina. «Alessia è la madre biologica, ma io chi sono per la legge? Voglio che le rimanga la casa, voglio dover pagare se scappo a Timbuctu. Mi farò nominare tutrice legale. Non chiediamo di essere riconosciu­te per avere dei diritti, ma per avere dei doveri».

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Insieme Alessia, Carolina e la piccola Alice
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