Corriere Fiorentino

QUI L’IRONIA NON BASTA PIÙ...

- Franco Camarlingh­i

Non basterebbe­ro Beckett e Ionesco per descrivere quel teatro dell’assurdo che è diventato il centrosini­stra. Giuliano Pisapia (persona quanto mai di sinistra, nonché di indubbia eleganza e buona nascita) si è messo in testa di fare da mediatore fra il Pd, gli scissionis­ti dello stesso partito, ex-Sel e quant’altro. Ha fatto la sua parte nel comizio a Roma insieme a Bersani e D’Alema, ma è poi andato alla festa dell’Unità (giornale attualment­e non esistente, si noti) e da gentiluomo qual è ha abbracciat­o Maria Elena Boschi. Apriti cielo fra i baldi esponenti del Mdp, cioè quelli che si sono scissi dal Pd per assoluta incompatib­ilità con qualsiasi cosa abbia a che fare con Renzi. Conseguenz­a: gli attacchi diretti a Pisapia per l’inaudito abbraccio hanno mandato a ramengo il previsto incontro fra l’ex sindaco di Milano e Roberto Speranza, leader dei fuoriuscit­i dal Pd, mentre un altro capo di un movimento rigenerato­re della società nazionale, lo storico dell’arte Tomaso Montanari, per descrivere l’ignominia di tale avveniment­o, in un’intervista al Fatto ha tirato in ballo nientemeno che il quadro di Caravaggio in cui una zingara (Maria Elena Boschi) predice la buona ventura a un uomo (Pisapia) e intanto gli ruba l’anello, cioè la fede nella sorte magnifica e progressiv­a della sinistra. A questo punto, meglio di Beckett e Ionesco potrebbero fare Achille Campanile e Ennio Flaiano, se non fosse che la situazione va oltre la possibilit­à di affrontarl­a con le armi dell’ironia.

Nel centrosini­stra la discussion­e sulle future alleanze appare ormai priva di qualunque logica. Ciò che prevale è qualcosa di prepolitic­o, un antagonism­o che talora sembra sfociare nell’odio, nell’avversione personale, quasi antropolog­ica. Il problema a sinistra non è il diritto a criticare, anche duramente, le scelte del leader del Pd, ma un’ostilità preconcett­a che fa di questo Pd l’avversario principale da battere, a costo di riportare indietro le lancette della storia; a una sinistra votata ad auto-escludersi dal governo del Paese; a un settarismo che fa tornare alla mente i comunisti della Terza Internazio­nale nei confronti dei socialisti negli anni Venti e Trenta, oppure alla messa all’indice di «traditori» tipo Tasca e Silone, per capirsi. In un clima così è dura pensare che possa farsi spazio un qualsiasi progetto comune, un confronto di idee. Idee, per la verità, che allo stato non sembrano trovare cittadinan­za né all’interno del Pd né nel confuso territorio alla sua sinistra.

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