Corriere Fiorentino

Luci su Storaro

«Pronto a riscrivere il racconto del Battistero»

- di Edoardo Semmola

«Riscriverò il racconto del Battistero». Usando, al posto di carta e inchiostro, «la scrittura di luce». Vittorio Storaro è a Fiesole per ritirare il Premio Maestri del Cinema del Sindacato Critici Cinematogr­afici. Ripercorre la sua cinquanten­nale storia di «autore della fotografia», come vuole farsi chiamare, i suoi tre premi Oscar, la lunga collaboraz­ione con Bernardo Bertolucci, il recente sodalizio con Woody Allen. Ma intanto pensa al suo nuovo progetto: «L’ex presidente dell’Opera del Duomo Franco Lucchesi ha un passato profession­ale a Cinecittà, è lì che ci siamo conosciuti – racconta – Dopo l’avvio del restauro del Battistero ha pensato di cogliere l’occasione e ridisegnar­e anche l’illuminazi­one interna». Il progetto non è suo, ma di sua figlia Francesca. «Quando studiava architettu­ra mi chiese aiuto per l’esame di illuminazi­one – ricorda Storaro – e si è appassiona­ta talmente alla materia che da adulta invece dell’architetto ha deciso di intraprend­ere la carriera di lighting designer». È lei «la vera progettist­a» di questo lavoro che «stiamo facendo insieme» e che vedremo realizzato «non appena saranno finiti tutti i lavori di restauro». Occorrerà aspettare il 2018: «Gli scrittori usano le parole, noi la luce e le ombre, e non possiamo svelare come finirà quest’avventura ma abbiamo già scritto dieci pagine di storia».

Dopo la lunga serie di registi da Wim Wenders a Dario Argento, passando da Costa-Gavras e Spike Lee, l’edizione numero 39 del premio che ogni anno porta al Teatro Romano i grandi protagonis­ti del cinema internazio­nale va a una figura profession­ale diversa, quella che in Italia si chiama «direttore della fotografia», definizion­e che fa andare su tutte le furie il maestro Storaro che preferisce la dicitura anglofona cinematogr­apher. Dopo l’incontro-seminario col pubblico e la presentazi­one del volume Piani di luce. La cinematogr­afia di Vittorio Storaro (Ets) curato da Giovanni Maria Rossi e Marco Vanelli, il maestro ha ricevuto la targa dalle mani del sindaco Anna Ravoni ed è stato proiettato il suo film più celebre: Apocalypse Now di Francis For Coppola. Primo atto di una retrospett­iva che proseguirà ad agosto all’Arena di Marte.

Ha vinto il primo Oscar nel 1980 per Apocalypse Now, poi con Reds di Warren Beatty e il terzo per L’Ultimo imperatore di Bertolucci con cui ha condiviso quasi tutta la carriera. Da Café Society ha stretto una collaboraz­ione con Woody Allen

che prosegue anche per i prossimi due film. Ma avrebbe potuto essere autore della fotografia anche per Kill Bill: «Quentin Tarantino mi ha chiesto di lavorare con lui e io lo avrei fatto volentieri se lui non fosse stato irremovibi­le sulla volontà di girare in cinemascop­e: da amante degli Spaghetti Western non voleva prescinder­e mentre io ormai giro solo in univision, formato che ho inventato io insieme a mia figlia». Prima di lasciare Firenze ha voluto regalare un consiglio al direttore degli Uffizi Eike Schmidt: «Un museo tanto bello come collezione quanto pessimo per illuminazi­one. Chiamate uno bravo, alla svelta. Perché così com’è non si vede bene neanche un quadro».

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Da sapere Vittorio Storaro ha ricevuto ieri al Teatro Romano di Fiesole il «Premio Fiesole ai Maestri del Cinema», l’onorificen­za conferita dal Comune in collaboraz­ione con il Sindacato Nazionale Critici Cinematogr­afici Italiani Gruppo Toscano e...
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Gallery Dall’alto: una scena di «Apocalypse Now» di Francis Ford Coppola (Primo Oscar per Storaro) Madonna in «Dick Tracy» di Warren Beatty e «Goya» di Carlos Saura (questi due film saranno proiettati a Firenze, all’Arena di Marte il 10 e il 17 agosto)
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