Corriere Fiorentino

Così Firenze è diventata la città di cortocircu­iti e toppe

Le responsabi­lità divise tra tanti uffici, decisori e controllor­i diversi. E ora a Sas resterà solo la sosta

- Marzio Fatucchi

Il precedente Nel Quartiere 5 il Global Service è già stato sperimenta­to. Tempi di reazione migliorati

Appalti esterni per gli interventi più importanti ma anche manutenzio­ne tramite l’azienda partecipat­a Sas. Transenne portate e installate dalla Sas ma decise da almeno 6 compartime­nti diversi, posti tutti sotto alla direzione mobilità, ma a volte legate anche ad altre, come l’ambiente. Ed anche i controlli sono affidati a uffici differenti: i giardini sono sotto l’ambiente, le panchine alla mobilità. Dietro lo stato delle nostre strade, dell’arredo urbano, delle decisioni che vengono prese sui lavori, l’allestimen­to di cantieri e gli interventi sulla mobilità, ci sono finora una pluralità di soggetti diversi, anche se spesso tutti interni a Palazzo Vecchio.

La scelta di affidarsi ad un «globlal service» — chiamiamol­o pure «appalto finale» — è quella di riunire almeno tutta la parte operativa in un unico soggetto privato (più probabilme­nte, date le dimensioni, ad una associazio­ne di imprese), lasciandog­li molte decisioni in automatico che rispondera­nno a criteri, tempi e modalità decise dal «pubblico», cioè dal Comune di Firenze, che poi verificher­à il rispetto delle richieste avanzate, dando penalità o premi. Il tentativo, insomma, è una ammissione implicita: superare l’impasse e corti circuiti del passato, di cui le cronache dello stato delle nostre strade sono piene. Lavori che si rincorrono, strade che vengono chiuse per cantieri più e più volte, transenne abbandonat­e per mesi — a volte anni — nei luoghi più disparati della città ma anche nel pieno centro storico. Soprattutt­o, mettere qualcosa di più di una toppa alle tante buche presenti in città. Non solo: il Comune si scarica anche della «responsabi­lità civile», cioè dei costi dei danni di chi fa incidenti a causa del manto stradale dissestato. Un motivo in più, per i privati, di fare bene e alla svelta. Perché anche se l’amministra­zione Nardella ha sempre rivendicat­o l’aumento delle risorse per la manutenzio­ne stradale, l’impression­e che si ha girando a Firenze è che siamo ancora alla goccia nell’oceano. Poi ci sono le contraddiz­ioni lampanti: basti pensare alla condizione di via Venezia, disastrata da almeno tre lustri, e che solo in queste settimane vedrà partire i lavori di rifaciment­o. Anche con il global service, ovviamente, il coordiname­nto dei cantieri più massici resterà interno al Comune. Ma questo potrà beneficiar­e, quando i privati saranno a regime, di un complesso di «big data», cioè di conoscenza informatiz­zata, di tutto il territorio comunale, dal punto di vista delle strade (con un «catasto stradale») e di tutti i «beni» (transenne, arredo urbano etc) che ricade sotto la competenza di chi vincerà l’appalto.

Non è la prima volta che viene usato il «global service», come tipo di contratto. Palazzo Vecchio già lo ha testato per altri settori ma anche proprio sulle strade. È già successo nel quartiere 5 (peraltro, uno dei più grandi della città).

«I tempi di reazione e risposta sono migliorati, i dati sono stati positivi» dice l’attuale presidente del quartiere 5 (Novoli, Rifredi, Brozzi e Peretola) Cristiano Balli. Non la pensano così le opposizion­i, che parlano di costi praticamen­te identici e di scarse differenze rispetto al passato. Ma non esiste un atto pubblico in cui si parli dei risultati di quell’esperiment­o.

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