Così Firenze è diventata la città di cortocircuiti e toppe
Le responsabilità divise tra tanti uffici, decisori e controllori diversi. E ora a Sas resterà solo la sosta
Il precedente Nel Quartiere 5 il Global Service è già stato sperimentato. Tempi di reazione migliorati
Appalti esterni per gli interventi più importanti ma anche manutenzione tramite l’azienda partecipata Sas. Transenne portate e installate dalla Sas ma decise da almeno 6 compartimenti diversi, posti tutti sotto alla direzione mobilità, ma a volte legate anche ad altre, come l’ambiente. Ed anche i controlli sono affidati a uffici differenti: i giardini sono sotto l’ambiente, le panchine alla mobilità. Dietro lo stato delle nostre strade, dell’arredo urbano, delle decisioni che vengono prese sui lavori, l’allestimento di cantieri e gli interventi sulla mobilità, ci sono finora una pluralità di soggetti diversi, anche se spesso tutti interni a Palazzo Vecchio.
La scelta di affidarsi ad un «globlal service» — chiamiamolo pure «appalto finale» — è quella di riunire almeno tutta la parte operativa in un unico soggetto privato (più probabilmente, date le dimensioni, ad una associazione di imprese), lasciandogli molte decisioni in automatico che risponderanno a criteri, tempi e modalità decise dal «pubblico», cioè dal Comune di Firenze, che poi verificherà il rispetto delle richieste avanzate, dando penalità o premi. Il tentativo, insomma, è una ammissione implicita: superare l’impasse e corti circuiti del passato, di cui le cronache dello stato delle nostre strade sono piene. Lavori che si rincorrono, strade che vengono chiuse per cantieri più e più volte, transenne abbandonate per mesi — a volte anni — nei luoghi più disparati della città ma anche nel pieno centro storico. Soprattutto, mettere qualcosa di più di una toppa alle tante buche presenti in città. Non solo: il Comune si scarica anche della «responsabilità civile», cioè dei costi dei danni di chi fa incidenti a causa del manto stradale dissestato. Un motivo in più, per i privati, di fare bene e alla svelta. Perché anche se l’amministrazione Nardella ha sempre rivendicato l’aumento delle risorse per la manutenzione stradale, l’impressione che si ha girando a Firenze è che siamo ancora alla goccia nell’oceano. Poi ci sono le contraddizioni lampanti: basti pensare alla condizione di via Venezia, disastrata da almeno tre lustri, e che solo in queste settimane vedrà partire i lavori di rifacimento. Anche con il global service, ovviamente, il coordinamento dei cantieri più massici resterà interno al Comune. Ma questo potrà beneficiare, quando i privati saranno a regime, di un complesso di «big data», cioè di conoscenza informatizzata, di tutto il territorio comunale, dal punto di vista delle strade (con un «catasto stradale») e di tutti i «beni» (transenne, arredo urbano etc) che ricade sotto la competenza di chi vincerà l’appalto.
Non è la prima volta che viene usato il «global service», come tipo di contratto. Palazzo Vecchio già lo ha testato per altri settori ma anche proprio sulle strade. È già successo nel quartiere 5 (peraltro, uno dei più grandi della città).
«I tempi di reazione e risposta sono migliorati, i dati sono stati positivi» dice l’attuale presidente del quartiere 5 (Novoli, Rifredi, Brozzi e Peretola) Cristiano Balli. Non la pensano così le opposizioni, che parlano di costi praticamente identici e di scarse differenze rispetto al passato. Ma non esiste un atto pubblico in cui si parli dei risultati di quell’esperimento.