NON FARE NULLA, VIGILARE SU TUTTO
C’erano una volta i cantieri di lavoro, che conobbero il massimo sviluppo durante i due mandati di La Pira. Insegnavano un mestiere dignitoso a molti disoccupati, e provvedevano alle esigenze di una città in rapida espansione. I lavoratori dei cantieri pavimentavano strade e piazze, realizzavano giardini, fra cui quello dell’Iris, costruivano scuole. In cambio di 5 ore di lavoro o di frequenza a corsi di formazione nel 1952 ricevevano 600 lire al giorno, oltre a un pasto completo (minestrone e baccalà il venerdì, per ottemperare al precetto). Molti di loro, grazie a qualche sanatoria, vennero assunti in pianta stabile dal Comune.
Col passare del tempo la disoccupazione divenne intellettuale. Già negli anni ‘70 il keynesismo cristiano di La Pira appariva superato. I giovani non ambivano più a divenire uscieri o stradini, ma a passare funzionari. Erano gli anni felici in cui sembrava naturale che la figlia della bidella sarebbe diventata maestra, quella della maestra professoressa, e il maresciallo avrebbe conosciuto la gioia d’impalarsi sull’attenti dinanzi al figlio sottotenente. Per ovviare alla situazione, il pubblico impiego, specie negli enti locali, reagì in due modi. Da un lato promosse chi era entrato come lavoratore manuale a ruoli impiegatizi, dall’altro fece ricorso all’esternalizzazione di servizi un tempo svolti con risorse interne. Il meccanismo presentava due vantaggi: veniva incontro alle aspirazioni di chi, entrato dalla porta di servizio, saliva su, col meccanismo della «qualifica funzionale», e metteva in moto il meccanismo degli appalti.
Scegliendo di conferire a un solo «Global Service» la manutenzione di strade e piazze, evitando l’odierna frammentazione di competenze, Nardella ha compiuto una scelta comprensibile. Si può storcere il naso dinanzi al barbarismo — non più scandaloso del Jobs Act o del malaugurante School Day — ma l’idea non è barbara. Certo, c’è il rischio che il consorzio vincitore della gara assuma un peso politico inquietante, e la tempistica prevista dal bando — ben 5 giorni per gli interventi urgenti: figuriamoci gli altri — si presta a riserve. Ma il vero problema sarà come sempre la capacità di controllo della burocrazia comunale. È noto infatti — basti pensare ai lavori della tramvia — che chi vince un appalto tende a fare a lasciapodere, se non pungolato a dovere. Ingegneri e geometri del Comune dovrebbero a questo riguardo ricordare l’aurea massima attribuita al generale francese Lyautey: «Non fare nulla, far fare tutto, ma rien laisser faire: non lasciar fare nulla». Non è un compito da poco, ma è giusto non gettare la spugna.