«Sedici giorni in carcere da innocente: chi ha sbagliato paghi»
All’ex assessore di Lucca Marco Chiari non basta il risarcimento da 10 mila euro. E fa causa ai magistrati
LUCCA «La Corte di Appello di Firenze mi ha riconosciuto quasi 10 mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione, ma è solo l’inizio: sto valutando azioni per far rispondere personalmente i magistrati delle ingiustizie e delle sofferenze subite». Così parla Marco Chiari, ex assessore di centrodestra ai lavori pubblici del Comune di Lucca, arrestato il 14 giugno 2011 con l’accusa di corruzione poi scarcerato dal tribunale del Riesame dopo 16 giorni di carcere e, infine, prosciolto nel febbraio 2015 «perché il fatto non sussiste», senza neppure andare a processo. A Chiari, assistito dall’avvocato Sandro Guerra, i giudici Mario Cannizzaro, Alberto Panu e Antonietta Di Taranto hanno riconosciuto un indennizzo pari a 9 mila 760 euro, non precludendo però di fatto all’ex assessore — da qualche mese tornato alla politica attiva nelle vesti di segretario comunale di Fratelli d’Italia — altre azioni risarcitorie nei confronti di terzi.
«I conti correnti bloccati per oltre 4 anni — racconta Chiari — il 90 per cento dei clienti dello studio svaniti (l’ex assessore è titolare di uno studio di geometri, ndr), gli amici che mi hanno voltato le spalle e le umiliazioni subite: chi mi ripaga per tutto questo? I 16 giorni di carcere sono incancellabili ma anche quanto accaduto dopo: senza l’appoggio della famiglia e del mio avvocato non ce l’avrei mai fatta. Ottenere giustizia è la mia vera ragione di vita: ecco perché porterò avanti richieste di risarcimento danni nei confronti del pm titolare di quella inchiesta Fabio Origlio, dell’allora procuratore capo Aldo Cicala e del gip Simone Silvestri, che decretò il mio arresto. Chi ha sbagliato deve pagare».
Nello specifico, la somma liquidata dalla Corte di Appello tiene conto dei «soli» 16 giorni di carcere, riconoscendo a Chiari 3 mila 760 euro per la ingiusta detenzione, 2 mila 500 euro di danno psicologico e 3 mila 500 di mancato guadagno professionale. La vicenda giudiziaria in questione, denominata «Volpe nel deserto», scatenò poco più di 6 anni fa un autentico terremoto politico a Lucca: Chiari e il dirigente comunale all’urbanistica Maurizio Tani (anche lui poi uscito pulito da ogni addebito) furono arrestati con l’accusa di aver intascato denaro per favorire l’imprenditore Giovanni Valentini, all’epoca proprietario della squadra di calcio della Lucchese. In particolare, secondo l’accusa sostenuta dal pm Fabio Origlio, Chiari avrebbe agito per agevolare il progetto (poi mai realizzato) del nuovo stadio, voluto da Valentini. Altre 5 persone furono coinvolte nell’inchiesta, fra cui l’allora sindaco di Forza Italia Mauro Favilla, a sua volta indagato e poi prosciolto assieme a Chiari quasi 4 anni dopo.
Ai tempi del sindaco Favilla Arrestato nel 2011 per corruzione , era stato prosciolto nel 2015. «Senza l’appoggio della mia famiglia e dell’avvocato non ce l’avrei fatta»