A Pitti, come nella notte dei ponti
Uno spettacolo e una cerimonia sul passaggio della guerra
Mine, macerie, i primi caduti. E i fiorentini rimasti senza casa che trovano rifugio nel cortile di Palazzo Pitti improvvisato centro di accoglienza con letti e pasti di fortuna, dove la guerra mette a tacere campanilismi e lascia spazio solo alla solidarietà. La notte tra il 3 e il 4 agosto 1944, quando iniziarono la ritirata delle truppe tedesche dalla città e gli scontri che durarono fino all’11 agosto, rivive nello spettacolo che è andato in scena ieri sera nel luogo simbolo di quei giorni: Palazzo Pitti (aperto gratuitamente ai cittadini). Per la Notte dei Ponti la Compagnia delle Seggiole ha affidato il racconto, accompagnato dalle note del War Requiem di Benjamin Britten e da immagini d’epoca, ai diari di tre testimoni di quelle ore: Anna Banti, Nello Baroni e Giulio Bencini. Dopo è stato proiettato il documentario Dov’era e com’era. La ricostruzione del Ponte Santa Trinita di Firenze di Riccardo Gizdulich, in una versione curata dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana: le bombe lanciate dai nazisti per rallentare l’avanzata degli Alleati risparmiarono Ponte Vecchio ma non quello ideato da Michelangelo e realizzato per ordine di Cosimo I da Bartolomeo Ammannati. Quella notte di distruzione segnò anche la prima vittima: Hugh Snell, tenente del Corpo delle Guardie Scozzesi. Fu il primo soldato alleato ucciso durante la Liberazione di Firenze. In suo ricordo ieri Comune di Firenze e Regione Toscana, insieme ad Anpi, hanno posto una corona di alloro alla lapide tra via Lupo e Lungarno Serristori. È qui che il militare ventunenne inglese, che faceva parte di una pattuglia di ricognizione composta da soldati britannici ed italiani, fu ucciso da un cecchino appostato sulla riva opposta dell’Arno. «Quella notte iniziò la Liberazione di Firenze che culminò l’11 agosto» ha ricordato Andrea Ceccarelli, consigliere Pd, in rappresentanza di Palazzo Vecchio. «Il sacrificio di Snell fu un esempio di solidarietà tra i popoli, che ancora oggi dobbiamo rinnovare. La democrazia non si conquista una sola volta».