LA PAGINA DA SCRIVERE
Mentre il Parlamento si divide sull’abolizione dei vitalizi agli ex parlamentari, anche con sceneggiate poco edificanti come lo scontro tra Alessandro Di Battista del M5S e la presidente della Camera Laura Boldrini, torna alla ribalta il tema dei costi della politica. Più di altri lo ha posto il parlamentare fiorentino Massimo Parisi con un intervento alla Camera di «rara intensità», come ha scritto nei giorni scorsi su questo giornale Paolo Ermini. E verrebbe da aggiungere quasi con piglio craxiano, ricordando il Bettino Craxi che nel fuoco della controversia di Mani pulite si assunse le responsabilità politiche degli scandali e difese il finanziamento pubblico dei partiti. «La politica ha ceduto all’antipolitica, lo abbiamo fatto quando abbiamo votato l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.Ma ci vuole tanto a capire che la politica costa? E che se non c’è il finanziamento pubblico c’è quello privato?», ha esclamato in aula l’ex coordinatore toscano di Forza Italia e braccio destro di Denis Verdini. Giusto: la politica costa. Ed è saggio e auspicabile che finalmente si discuta senza gattopardismi e ipocrisie dei costi della democrazia. Quando 10 anni fa Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo pubblicarono La Casta ,il libro in cui denunciavano gli sprechi di spesa e la proliferazione di poltrone, ci fu chi gridò all’antipolitica. E, da allora, alle denunce contro i vitalizi spesso doppi e tripli, i soldi a gò gò ai gruppi consiliari, le comunità montane in riva al mare —tanto per fare qualche esempio— si sono sempre accompagnate accuse di qualunquismo e demagogia. Inevitabilmente, viste le strumentalizzazioni di tutte le discussioni per l’alto tasso di interesse elettorale che contenevano. Pregiudizi, partigianerie. Ma serve più che mai una riflessione seria. Innanzitutto sulla necessità della sobrietà come misura di ogni regola e comportamento della politica. Siamo lontani dai tempi del presidente della Repubblica Luigi Einaudi che una volta a pranzo spartì la sua pera con l’ospite che gli stava accanto o del sindaco Giorgio La Pira che al bar a chi gli chiese cosa volesse rispose: «Un bicchiere d’acqua». E poi, sindaco? incalzò il collaboratore. E La Pira: «Mi ci faccia mettere, se possibile, una fettina di limone». Senza arrivare a tanto, si possono sempre combattere eccessi, abusi, privilegi. E anche le cadute di stile, recuperando il senso morale della politica (la forma più alta di carità cristiana, la definì il cardinale Carlo Maria Martini).
Ma servono anche regole chiare per tutta la pubblica amministrazione. La riforma costituzionale bocciata il 4 dicembre scorso prevedeva ad esempio per le Regioni l’adeguamento dell’indennità dei consiglieri a quella del sindaco del capoluogo regionale. Stella e Rizzo scrissero che Putin 10 anni fa percepiva 4.250 euro e Sarkozy 6.714 mentre un consigliere regionale della Toscana (una delle regioni ritenute più sobrie) dai 10.533 ai 7.607 euro. Oggi i consiglieri percepiscono cifre lorde tra i 10 e i 13 mila euro. Per ridurle non serve un referendum. Basterebbe la determinazione del Consiglio regionale. Il risparmio sarebbe modesto ma Palazzo Panciatichi scriverebbe una bella pagina. Di buona politica.