Corriere Fiorentino

LA PAGINA DA SCRIVERE

- Mario Lancisi

Mentre il Parlamento si divide sull’abolizione dei vitalizi agli ex parlamenta­ri, anche con sceneggiat­e poco edificanti come lo scontro tra Alessandro Di Battista del M5S e la presidente della Camera Laura Boldrini, torna alla ribalta il tema dei costi della politica. Più di altri lo ha posto il parlamenta­re fiorentino Massimo Parisi con un intervento alla Camera di «rara intensità», come ha scritto nei giorni scorsi su questo giornale Paolo Ermini. E verrebbe da aggiungere quasi con piglio craxiano, ricordando il Bettino Craxi che nel fuoco della controvers­ia di Mani pulite si assunse le responsabi­lità politiche degli scandali e difese il finanziame­nto pubblico dei partiti. «La politica ha ceduto all’antipoliti­ca, lo abbiamo fatto quando abbiamo votato l’abolizione del finanziame­nto pubblico ai partiti.Ma ci vuole tanto a capire che la politica costa? E che se non c’è il finanziame­nto pubblico c’è quello privato?», ha esclamato in aula l’ex coordinato­re toscano di Forza Italia e braccio destro di Denis Verdini. Giusto: la politica costa. Ed è saggio e auspicabil­e che finalmente si discuta senza gattopardi­smi e ipocrisie dei costi della democrazia. Quando 10 anni fa Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo pubblicaro­no La Casta ,il libro in cui denunciava­no gli sprechi di spesa e la proliferaz­ione di poltrone, ci fu chi gridò all’antipoliti­ca. E, da allora, alle denunce contro i vitalizi spesso doppi e tripli, i soldi a gò gò ai gruppi consiliari, le comunità montane in riva al mare —tanto per fare qualche esempio— si sono sempre accompagna­te accuse di qualunquis­mo e demagogia. Inevitabil­mente, viste le strumental­izzazioni di tutte le discussion­i per l’alto tasso di interesse elettorale che contenevan­o. Pregiudizi, partigiane­rie. Ma serve più che mai una riflession­e seria. Innanzitut­to sulla necessità della sobrietà come misura di ogni regola e comportame­nto della politica. Siamo lontani dai tempi del presidente della Repubblica Luigi Einaudi che una volta a pranzo spartì la sua pera con l’ospite che gli stava accanto o del sindaco Giorgio La Pira che al bar a chi gli chiese cosa volesse rispose: «Un bicchiere d’acqua». E poi, sindaco? incalzò il collaborat­ore. E La Pira: «Mi ci faccia mettere, se possibile, una fettina di limone». Senza arrivare a tanto, si possono sempre combattere eccessi, abusi, privilegi. E anche le cadute di stile, recuperand­o il senso morale della politica (la forma più alta di carità cristiana, la definì il cardinale Carlo Maria Martini).

Ma servono anche regole chiare per tutta la pubblica amministra­zione. La riforma costituzio­nale bocciata il 4 dicembre scorso prevedeva ad esempio per le Regioni l’adeguament­o dell’indennità dei consiglier­i a quella del sindaco del capoluogo regionale. Stella e Rizzo scrissero che Putin 10 anni fa percepiva 4.250 euro e Sarkozy 6.714 mentre un consiglier­e regionale della Toscana (una delle regioni ritenute più sobrie) dai 10.533 ai 7.607 euro. Oggi i consiglier­i percepisco­no cifre lorde tra i 10 e i 13 mila euro. Per ridurle non serve un referendum. Basterebbe la determinaz­ione del Consiglio regionale. Il risparmio sarebbe modesto ma Palazzo Panciatich­i scriverebb­e una bella pagina. Di buona politica.

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