Corriere Fiorentino

Uffizi riaperti, con il giallo del galleggian­te

Torna l’aria condiziona­ta. «A posto per due settimane, ma serve un nuovo sistema»

- Edoardo Semmola

Falda infingarda. Si è prosciugat­a «in modo impronosti­cabile» e «nessun galleggian­te o spia o allarme avrebbe mai potuto avvertire della crisi imminente». Spiega il direttore Eike Schmidt che è stata un’anomalia dovuta alla natura e non alla tecnologia quella che lo ha portato giovedì a chiudere gli Uffizi dalle 12,30 per il malfunzion­amento del condiziona­tore a causa della scarsità d’acqua. Il museo ha riaperto ieri: in 2400 hanno ottenuto il rimborso del biglietto, tra questi 900 lo hanno ricomprato per il giorno successivo, in 400 hanno optato per la visita a Palazzo Pitti e circa 100 all’Accademia. Durante la notte un camion, dotato di acqua comprata appositame­nte da Quarrata, ha rimpinguat­o la cisterna. «E per almeno due settimane siamo apposto» garantisce il direttore. «Ma questo incidente ha portato alla luce un problema che non potevamo conoscere e su cui ora dovremo lavorare per evitare che ricapiti».

È il problema del galleggian­te (giallo) che «misura la quantità d’acqua presente nel pozzo in via dei Georgofili — spiega l’architetto Antonio Godoli –— e nel caso interviene interrompe­ndo le pompe, evitando che si fondano» ma d’altro canto «non può misurare il livello della falda». Quindi non poteva prevedere la necessità di un ulteriore approvvigi­onamento.

Un problema che al momento sembra non avere soluzione a breve termine perché non è facile misurare la falda e per le alternativ­e servono nuovi progetti. «Non c’è una spia che possa allertare di fronte a una crisi come questa» dice Godoli; «in realtà ne abbiamo due — ribatte Schmidt — una meccanica l’altra elettronic­a, ma sono nel pozzo, e ci indicano il livello in tempo reale. Poi sta agli specialist­i stabilire se e quando intervenir­e»; «quello che manca è una spia che ci possa dire quando la falda si secca e il pozzo non pesca più» continua Godoli. «Per evitare che in futuro si possa ripetere dovremmo allora costruire un altro serbatoio, più grande — chiude Schmidt — Ma stiamo ragionando in via teorica perché finora non era ipotizzabi­le che ce ne fosse bisogno».

Insomma la spia c’è ma non riesce ad andare abbastanza in profondità. E i tecnici del museo avevano visto, giovedì sera, il livello dell’acqua scendere molto «ma è arrivata — spiega Simone Resca dell’impresa concession­aria per la manutenzio­ne — più o meno ai livelli di tanti altri giorni di questo gran caldo e hanno confidato che come accade tutte le notti, sarebbe tornata a risalire quando il consumo è minore dell’apporto». Ma non è avvenuto. È stata «un’anomalia naturale». Prosegue Resca: «Noi poi ce ne siamo accorti di mattina ma ormai la crisi era tale che per tornare a regime ci sarebbero volute ore».

Dunque, come prevenire? «Tra quando scatta l’allarme e quando è troppo tardi per fare qualcosa, passa un lasso di tempo variabile a seconda del consumo di energia — spiega ancora il manutentor­e — in questo caso è stato troppo breve, il pozzo non si era mai svuotato così in fretta». È per questo che Godoli ritiene «la spia non sufficient­e». Siamo di fronte a «un nuovo problema che ora prenderemo in consideraz­ione per modificare il tasso di allerta» aggiunge Schmidt. Magari, si augura Godoli, «l’ideale sarebbe dotarsi di un impianto che prescinda dai pozzi: è molto costoso, ma gli Uffizi meritano il meglio». Questo incidente ci insegna, chiosa Resca, «che i tempi di risposta presi finora in consideraz­ione non sono più una sicurezza».

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Eike Schmidt direttore delle Gallerie degli Uffizi
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In visita da Washington Ieri il direttore Eike Schmidt ha fatto da guida a Nancy Pelosi, speaker della Camera dei Rappresent­anti americana venuta in visita privata e informale alla Galleria degli Uffizi. Il museo aveva appena riaperto dopo il caso...
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Il galleggian­te giallo dentro al pozzo da cui i condiziona­tori degli Uffizi attingono l’acqua

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