«Le nostre vie strette sono una difesa Ma i rischi ci sono»
Il consigliere della Nato La cosa che preoccupa di più è che siano stati presi ostaggi: significa che stavolta l’azione era stata più preparata del solito
«Il fatto che abbia preso ostaggi al termine dell’azione è l’elemento mi preoccupa di più. Significa che è una cosa più preparata del solito, la peggiore configurazione». Andrea Manciulli, deputato Pd, è presidente della delegazione italiana all’assemblea dell’Onu e direttore del rapporto sul terrorismo jihadista all’assemblea Nato. Sta seguendo come tanti in diretta gli aggiornamenti sull’attentato alle Ramblas di Barcellona e, con il beneficio dei particolari ancora mancanti, ragiona su quanto successo e sui possibili rischi anche per le nostre città d’arte italiane: ieri sera il ministro dell’Interno Marco Minniti ha convocato una riunione straordinaria del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa), alle 11 al Viminale, alla presenza dei vertici delle forze di polizia e dei Servizi di intelligence. «Il rischio di questa tipologia di attacco esiste dovunque perché i jihadisti incoraggiano i possibili terroristi via social media. Le riviste sul web di Daesh (Isis ndr), come Expire, Rumiyah, Dabiq ed altre, da mesi pubblicano guide su come compiere attentati con mezzi improvvisati e anche con coltelli». Una pratica che ha toccato ormai mezza Europa. Toccherà all’Italia, toccherà le nostre città d’arte, Firenze? «Fino ad oggi — spiega il deputato — questa tipologia di attacco ha quasi sempre riguardato città con grandi arterie che facilitavano la brutalità dell’irruzione sulla folla. È chiaro che le vie strette e anguste non facilitano questa metodologia». Un chiaro riferimento alla nostra città ed altre simili. Anche se è vero che in alcuni casi bus e camion sono riusciti ad arrivare in zone turistiche, secondo Manciulli lo hanno fatto in condizioni che non gli avrebbero consentito attentati come quelli di Barcellona. Purtroppo, se è un punto a favore della sicurezza della nostra città, non si può essere sempre sicuri. «Nel nostro modo di ragionare non deve cambiare nulla. Per questo abbiamo lanciato l’operazione “strade sicure”. Nella nostra regione sia la Polizia che i Carabinieri fanno un egregio lavoro di prevenzione da aiutare in ogni modo». La conformazione urbanistica è uno degli elementi di cui si tiene conto anche nella prevenzione: «Se vai a Roma nei Fori Imperiali, per dimensioni simili alle Ramblas, ci sono mezzi dell’esercito a spina di pesce che impediscono che possano entrare eventuali mezzi di terroristi». Ed è questa la casistica, tragica, di tutti gli attentati che hanno visto usare «mezzi non convenzionali»: «La tecnica descritta in quelle riviste obbliga ad avere ampi spazi, che consentano lunghe accelerazioni ed ampi spazi di manovra. È successo sugli ChampsÉlysées, a Nizza, a Berlino. Negli spazi stretti la velocità non la prendi, e se sbandi ti fermi quasi subito». Eppure, non è possibile stare tranquilli: «Parliamoci chiaro: se uno entra con un motorino e prende tre o quattro persone, il danno lo fa lo stesso. Prevenire questa metodologia di attacco è comunque difficile. E l’attentato a Tolosa è stato fatto con una macchina, non con un grande mezzo». Ci sono al momento allarmi specifici per la Toscana o per l’Italia? «No: gli appelli di Daesh sono generici per luoghi di assembramento di persone. Magari facessero comunicazioni tra loro identificando la tipologia dei luoghi! Aiuterebbe non poco l’antiterrorismo. Loro spiegano solo come fare più danni possibili» prosegue Manciulli. Che però ribadisce: «Non ci sono elementi che possano confermare questa eventualità per l’Italia, come non si può dire che non ci siano. C’è solo da avere il massimo di attenzione. Ma siamo l’unico Paese che in questi anni ha emanato sia un Decreto repressivo sull’antiterrorismo, che una legge sul contrasto preventivo alla radicalizzazione. Molto spesso chi fa attentati di questo genere, si radicalizza sul web e passa da “tutto a niente” in poco tempo. Gli attentatori di London Bridge erano molto giovani e si erano radicalizzati proprio sulla rete: risentono della “Jihad mediatica”, non avevano praticamente mai letto il Corano». E per questo motivo, se si vogliono evitare attentati, «occorre prevenire anche in assenza di reato. Se le cellule sgominate e gli espulsi dall’Italia sono arrivati grazie a informazioni e segnalazioni di vicini, delle stesse comunità islamiche. E con un grande lavoro di indagine di Ros e Digos» conclude Manciulli.
Si può solo prevenire In Italia c’è un lavoro di intelligence molto attento e strumenti legislativi che aiutano a trovare ed espellere gli estremisti