L’atto muto degli uomini di Barni
A Pietrasanta dal 26 «Controversie», la mostra dell’artista pistoiese
Ancora a testa in giù gli omini di Roberto Barni. Vittime di un capogiro questa volta finiscono in una gabbia dorata. Le riflessioni dell’artista pop pistoiese sulla condizione dell’uomo rispetto al vivere quotidiano, dopo la recente mostra a Venezia, dal 26 agosto fanno tappa a Pietrasanta, entrano per la prima volta in galleria (Poggiali, Via Garibaldi, 8. Inaugurazione ore 18,30) e parlano di contraddizioni, frustrazioni e rifiuto. Capogiri d’oro è il titolo dell’opera sopra citata, e riecheggia un manoscritto pubblicato da Mudima edizioni nel 2015, in cui l’artista dipana il suo ragionamento sulle difficoltà dell’individuo nella società odierna, «che disorienta — scrive di pugno — e genera indifferenza». Il filo del pensiero di Barni si allunga nell’ex Fonderia Luigi Tommasi, con la grande scultura Atto muto opera egemone nello spazio antistante. Ed ecco uomini che sorreggono un piano circolare come fossero inanimati piedistalli a significare che nell’epoca
È un grande privilegio essere qui e poter mettere le mani su un dipinto che è stato realizzato centinaia di anni fa Si trovano le impronte del pittore e i peli degli antichi pennelli
dei robot, all’uomo siano ancora assegnati compiti umili e anche alienanti. L’allusione del titolo al “servomuto”, il mobile nato nel ‘700 per sostenere, senza l’intervento della servitù, oggetti, abiti o vivande. Oltre alle tre sculture Continuo, Ho buona memoria e Remar Contro, negli spazi dell’ex-Fonderia, in via Marconi, troveranno posto alcune opere particolarmente iconografiche della poetica di Roberto Barni. Una di queste è rappresentata da quattro uomini, congiunti per i piedi ma separati da uno spazio ad angolo retto. Uomini che, come aveva osservato il critico d’arte Alberto Boatto «hanno cessato di possedere il privilegio di un’individualità, di una fisionomia riconducibile a una persona singola, per presentarsi col profilo assottigliato di un emblema anonimo costantemente affaccendato e in cammino».
Il sogno più grande per chi fa il nostro mestiere è viaggiare nel tempo, osservare la tela da vicino e così catapultarsi nell’epoca e nel laboratorio in cui è stata dipinta