Il baco del Var e il rigorino su Simeone
Il debutto della moviola in campo: qualcosa non va, ma Tagliavento ha rispettato le regole
L’arbitro non ha sbagliato. O magari anche sì: il contatto Miranda-Simeone appartiene alla categoria tutt’altro che scientifica del rigorino. Ma è inattaccabile, il signor Tagliavento. Perché ha rispettato le regole e seguito alla lettera le procedure indicate per le prime applicazioni del sistema Var. Era vicino all’azione. Ha visto l’incrocio di gambe e l’ha giudicato non punibile.
Alla prima occasione ha fermato il gioco e atteso il giudizio dei suoi assistenti davanti al video, non si sa se sollecitato da loro o da lui stesso. Nel momento in cui i colleghi lo hanno informato che in ogni caso il suo non era stato un errore evidente, ha deciso, com’era sua facoltà, di fidarsi dei propri occhi e di come essi avevano registrato l’impatto dal vivo, rinunciando a un ulteriore proprio check alla moviola.
Così va il calcio ai tempi della Var. Anzi del Var. Perché il dibattito sul sesso del Var non è solo materia di raffinati linguisti, non è come discutere sul sesso degli angeli. Nell’articolo determinativo da utilizzare, il o la, ci sono le modalità d’attuazione della rivoluzione, utile e necessaria, voluta dalla Fifa e che Italia e Germania hanno accettato di sperimentare subito nei loro campionati maggiori. Var è l’acronimo di Video Assistant Referee, cioè assistente dell’arbitro davanti al video. Non è la macchina moviola, la signora Var, ma è l’uomo davanti al video, il signor Var, a essere considerato dalle autorità calcistiche il protagonista della svolta. S’introduce un altro referee, un arbitro in più, anzi due. E questo potrebbe essere un elemento di confusione. Perché è vero che la decisione finale, è stato chiaramente spiegato, spetta sempre all’arbitro in campo, ma è anche vero che si possono creare situazioni in cui il direttore di gara è comunque in qualche modo condizionato dal parere di un assistente che potrebbe avere più carisma ed esperienza di lui. Un po’ quel che è successo in Italia con i giudici di porta: se il ruolo veniva affidato a un fischietto internazionale, l’arbitro principale, che magari internazionale non era, ne veniva pesantemente condizionato. In realtà, la Fifa lascia facoltà di far sedere davanti alla moviola arbitri non in attività, ma in Italia si è deciso di non seguire questa strada per ragioni sindacali (dopo l’abolizione degli addizionali, si sarebbe ridotto il numero di posti di lavoro della categoria).
L’arbitro in campo ha sempre la possibilità di esaminare il video direttamente, ma può anche attenersi a quanto gli viene comunicato in interfono e gli assistenti in cabina di regia hanno a loro volta il potere di segnalare la necessità di rivedere le immagini. Analoga facoltà invece non hanno i protagonisti della partita in campo. Contrariamente a quanto accade in quasi tutti gli altri sport, dove allenatori e/o giocatori hanno la possibilità di chiamate il cui numero massimo è prestabilito. Prendete il caso di Inter-Fiorentina. Sarebbe andata così: Tagliavento giudica l’intervento non da rigore, Pioli chiede di verificare al video, l’arbitro è costretto a farlo e a prendersi tutta la responsabilità della decisione. Questo, al momento, è il «baco» del Var: troppo potere e poca responsabilità a troppi uomini e troppo poco alla macchina.
Il resto dei problemi emersi nel primo weekend di applicazione è di più facile soluzione. A partire dal tempo perso per prendere le decisioni: in attesa dell’inevitabile introduzione prima o poi anche nel calcio del tempo effettivo di gioco, evidentemente non è stato dato agli arbitri un protocollo cui attenersi per recuperarlo, gli extra time sono stati calcolati sulla base dei vecchi parametri (sostituzioni, barelle in campo, eccetera). E ancora: non ha senso impedire la trasmissione dei replay mentre gli arbitri prendono le loro decisioni. Di che cosa si ha paura? Le immagini sono obiettive: andrebbero subito trasmesse sui maxi schermi dello stadio, invece in questi giorni, nei casi di videocheck arbitrale, vengono fermati persino i replay in tv, lasciando trascorrere i secondi con eterni primi piani, per ora divertenti ma che poi saranno sempre eguali. Ultima osservazione: nessun Var potrà mai eliminare totalmente gli errori degli arbitri. Come quello, addirittura quadruplo, che nella prima giornata ha danneggiato il Torino. Massa doveva accorgersi che non era fuorigioco, in caso di dubbio non doveva interrompere così precipitosamente l’azione, non doveva ricorrere alla moviola perché poi il gol era stato realizzato a gioco fermo, doveva recuperare il tempo così malamente perduto. Ma tant’è.
L’arbitro a San Siro non ha sbagliato, ma viene dato ancora troppo poco peso alla tecnologia