Nel paese della Commedia
Dante ci scrisse parte del suo poema. Poi è diventato il luogo dei libri e del Premio Bancarella
Il destino letterario di Mulazzo: Dante ci scrisse parte del poema, poi diventò il borgo dei librai
Nessuno ha chiarito cosa spinse quei montanari ad abbandonare il commercio delle pietre per affilare i coltelli e intraprendere lo smercio dei libri. Non sapevano leggere né scrivere, eppure nella prima metà dell’800 divennero messaggeri di cultura. Infilavano i libri — talvolta fondi di magazzino — nelle gerle e girovagavano per le campagne. Aprivano bancarelle sotto i portici delle città. I fortunati avviavano librerie. Altri, ancora più bravi, misero in piedi autentici imperi di carta e inchiostro, colonizzando i mercati dell’Argentina e della Spagna. Venivano tutti da Montereggio e da Parana, frazioni del Comune di Mulazzo, sciamarono nella pianura padana e non solo. I Fogola s’impiantarono stabilmente a Torino, L’Aquila, Ancona, Genova e a Pisa; i Tarantola a La Spezia, Modena e Udine. I Maucci da Parana varcarono i confini nazionali e continentali, aprendo a Barcellona la libreria più importante della Spagna e a Buenos Aires la più grande dell’Argentina. Librai analfabeti che però, come ricordò Oriana Fallaci nel 1952 in un articolo su Epoca, «declamavano a memoria i versi dell’Orlando Furioso. Non leggevano, ripetevano le ottave sentite da altri».
A lungo non seppero come chiamarli, quei montanari folSpino gorati sulla via dei libri, per la maggior parte proibiti perché ritenuti immorali (come i testi del Boccaccio) o scritti da autori messi al bando (Voltaire, Mazzini, Silvio Pellico, D’Azeglio, Gioberti). Gino Cucchetti, nel supplemento La Lettura del Corriere della Sera, già nel 1926 li definì librai randagi. Altri li etichettarono come pastori librai oppure li chiamarono contrabbandieri della cultura. Ma qualunque fosse l’appellativo, la sostanza non cambiava: venivano quasi tutti da Montereggio, borgo fortificato dove i Malaspina del ramo Secco andavano in vacanza, lungo la strada che porta al Passo dei Casoni e in Liguria.
Oggi Montereggio, risalente al 1300, è un paese lungo 400 metri, con un bar e un ristorante-albergo, una chiesa sconsacrata (quella di Sant’Apollinare) e un’altra consacrata a San Francesco Fogolla, ucciso in Cina durante la rivolta dei Boxer e canonizzato da Papa Woytila nell’ottobre del 2000. Vi si coltiva il passato come unica risorsa del presente. Le strade e le piazze sono intitolate a editori che hanno restaurato il paese di tasca propria, facendone un gioiello. Le piccole piazze e le strade sono allineate su un segmento che porta i nomi dei benefattori: da piazza Rizzoli a borgo Mauri, da piazza De Witt Wallace e Lila Acheson Wallace, fondatori del Reader’s Digest, a borgo Mondadori, passando per via Einaudi. E a Montereggio si continua ancora a vivere di libri e di librai, rinverdendo una storia dai tratti di leggenda: dopo ferragosto ogni anno si tiene la Festa del Libro, quest’anno alla sua 14ma edizione con 18 scrittori. «Tutti provenienti da editori indipendenti», precisa Gianni Tarantola, vice-presidente della Città del Libro Premio Bancarella, con un lungo trascorso lavorativo al Corriere della Sera come responsabile di produzione dei settimanali e dei mensili.
Già, il Premio Bancarella. Fu concepito a Mulazzo, formalmente capoluogo di un comune con 14 frazioni «che di fatto sono 32», precisa Giorgio Santi, assessore al turismo e presidente della Pro Loco. La decisione di istituirlo fu presa altrove, all’albergo-ristorante Vittoria di Pontremoli. Era l’11 agosto 1952, lunedì. Della decisione non c’è traccia nell’articolo di Oriana Fallaci pubblicato su Epoca il 6 ottobre successivo. La spiegazione è semplice. La Fallaci partì la mattina dell’11 agosto e la decisione fu presa la sera. Nessuno l’avvertì e, per uno scarto di alcune ore, il pezzo uscì incompleto. Ciò nonostante, l’esordio del 1953 fu un successo e vide vincente Ernest Hemingway con il Vecchio e il mare.
Matteo Strukul, con I Medici. Una dinastia al potere, ha vinto l’edizione 2017.
E d’altronde senza libri e librai, Mulazzo e Montereggio non avrebbero storia. Il territorio in cui sorgono è bellissimo e abbandonato. Chi poteva, se n’è andato. Non solo i venditori di libri stipati nelle gerle e i loro discendenti, ma anche chi non riusciva più a sfamarsi con il bosco: funghi raccolti, seccati e rivenduti, un po’ di caccia e un ottimo miele che, per la tipologia acacia e castagno, ha ottenuto il marchio Dop. Niente di più. La grande ondata migratoria iniziò nell’era napoleonica e non si è più fermata: chiuse le fabbriche a valle, i paesi si sono spopolati e dai 7000 abitanti di metà anni ’70, ora il Comune di Mulazzo ne conta solo 2400. Chi vuol restare sul territorio deve inventarsi qualcosa, come Alessia Curadini, guida turistica di Sigeric Sc, che conosce a menadito la Lunigiana e la sua storia. Gli altri, come accade da più di duecento anni a questa parte, se ne vanno, salvo poi tornare a scadenze fisse, al pari dei librai di una volta che rientravano a Montereggio il 20 gennaio, per la festa di San Sebastiano.
Una storia contorta e appassionata, sicuramente minore ma nobilitata da Dante Alighieri, che riparò nel borgo di Mulazzo esule da Firenze, grazie a due insperati protettori: Moroello e suo cugino Franceschino, entrambi Malaspina del ramo Spino Secco. Benché il primo fosse guelfo e l’altro ghibellino, si trovarono d’accordo nel riconoscere il valore intellettuale e la capacità poetica di Dante Alighieri, il quale si sdebitò inserendo l’incontro con un loro parente, Corrado II Malaspina, nella valletta dei principi dell’anti-purgatorio. Il soggiorno a Mulazzo fu fondamentale per il Sommo Poeta, che da lì in poi iniziò a scrivere la Divina Commedia; una lapide, affissa sul muro esterno rivolto a nord, ricorda la casa in cui dimorò, nel paesino compreso tra Porta Genova e Porta Livorno, con la cosiddetta torre di Dante dalla pianta esagonale a un estremo e all’altro la fortezza in rovina. I Malaspina l’abbandonarono perché troppo vicina al torrente Mangiòla. Se i posteri avessero fatto tesoro di quell’esperienza, la piena del 2011 sarebbe stata meno disastrosa.
2. Continua La prima puntata è uscita il 12 agosto.
Rizzoli, Mauri, Einaudi, Mondadori, De Witt Wallace e Lila Acheson Wallace, fondatori del Reader’s Digest: le piazze e le strade portano i nomi dei benefattori