«Sistema da rivedere, troppe disparità e bassa manovalanza»
Se nelle Università toscane, stando ai massimi vertici accademici, le specializzazioni vengono fatte in modo rigoroso, i giovani possono imparare il mestiere, sono seguiti, fanno un numero sufficiente di interventi in sala operatoria, loro, gli specializzandi non la vedono allo stesso modo. Ma per tutti vale lo stesso principio: «Non posso espormi con nome e cognome, altrimenti in sala operatoria non mi fanno entrare per sei mesi», «mi sono specializzato e ho trovato lavoro in un’altra città. Ma è un mondo piccolo e molto vendicativo, preferisco restare anonimo». «La scuola? Una buffonata — dice un attuale specializzando in area chirurgica a Firenze — Siamo schiavi della più totale inefficienza e di disparità palesi: entriamo in sala operatoria solo se si è nelle grazie del docente e se riusciamo ad assisterlo in sala è già grasso che cola, perché di operare non se ne parla. Non so come faremo ad avere la licenza di specializzazione senza avere i numeri di interventi chirurgici necessari». «Il mio lavoro è per gran parte di ambulatorio e di guardia in reparto. In pratica sostituisco il professore nella routine. E la mattina faccio spesso il giro tra i malati in reparto, senza supervisione, ma senza nessuna crescita professionale: mi posso limitare a cambiare una pillola per la pressione, se serve, ma se c’è una decisione importante da prendere, che giustamente non prendo io, spesso viene fatta in mia assenza. E già, rispetto ad altri, mi sento un privilegiato». Il prorettore all’area medica dell’Università di Firenze, Paolo Bechi, puntualizza che esiste una certificazione trasparente delle attività degli specializzandi e che l’Ateneo ha un registro per monitorare in diretta le presenze in sala operatoria. «Mi ritengo fortunato — racconta un neo specializzato fiorentino in area medica, che ha trovato subito lavoro in un’altra città — A Firenze, dopo una prima breve esperienza complicata in un’altra regione, ho imparato molto. Ma mi è capitato spesso di fare visite in ambulatorio da solo, anche delicate. In teoria avrei dovuto essere seguito, ma almeno ho imparato. Il problema semmai è l’enorme quantità di bassa manovalanza che viene imposta, a partire dal lavoro di ricerca per il docente di riferimento. Passi il tempo a raccogliere dati più che a imparare il mestiere di medico». (G.G.)
Passiamo il tempo a raccogliere dati, entra in sala operatoria solo chi è nelle grazie del docente Senza il numero di interventi necessari come possiamo avere la licenza di specializzazione?