Con Lucibello, manager di Le Porcellane e presidente Mercafir, tra Chianti, groppa e il sogno di una Firenze elettrica
Uscio e bottega. Un uscio e due botteghe, in realtà. Con Giacomo Lucibello, imprenditore nel settore della porcellana di lusso, vicepresidente nazionale dei Giovani di Confindustria, presidente della Scuola di scienze aziendali e della Mercafir, inauguriamo una serie di incontri conviviali con imprenditori ed opinion leader toscani. Discorsi a tavola, Tischreden, nella traduzione luterana. La scelta del luogo in cui pranzare, che già è in grado di raccontare molte cose, è affidata all’interlocutore. E Lucibello fa una scelta di tradizione e praticità.
L’antica trattoria «Da Burde» in via Pistoiese è ad un passo dalla sua fabbrica ed è «di strada» verso il mercato ortofrutticolo, di cui da agosto presiede la società. Un compromesso tra gusto e praticità, insomma. Tradizionale è il menù, scelto sotto l’attenta supervisione di Paolo, amico prima che titolare: «Siamo entrambi rugbisti», racconta. Un rugbista che lavora con porcellana, frutta e verdura? «Guardi, alla Mercafir facciamo ben altro. Abbiamo duemila persone che lavorano grazie a questa realtà purtroppo non conosciuta come si dovrebbe in città. Ci sono aziende da 5, 10 ma anche da 400 milioni di fatturato. E poi ci occupiamo anche della carne. Ma soprattutto garantiamo la certificazione e la filiera di tutti i prodotti. A noi, un pompelmo sudafricano non potranno mai spacciarlo per italiano. Insomma, la Mercafir non è un affittacamere, ma una delle principali aziende fiorentine» risponde Lucibello mentre si scelgono le portate: antipasti toscani e groppa alla brace, «più grassa del filetto, per questo più saporita e più tenera sul carbone», spiega l’imprenditore nato a Fiesole 36 anni fa. Per finire la zuppa inglese, altro piatto del passato. Il tutto con vino Ruffino, lo sponsor dei «Medicei», la squadra di rugby di cui Lucibello è presidente. Il menù è stato scelto, la cucina è all’opera. Ma come si cucina il futuro della Mercafir, all’incrocio di una partita urbanistica che riguarda tutta la città? Da una parte il progetto della Cittadella viola nell’area Mercafir, dall’altra l’ipotesi di trasferire il mercato a Castello, su cui però è in corso uno scontro a carte bollate tra i proprietari (Unipol-Sai) e il Comune di Firenze. «L’unica certezza è che fino a che noi siamo a Novoli, le ruspe per la Cittadella non possono partire. Ma sono fiducioso, ci sono tutte le condizioni perché questa importante partita per la città si sblocchi, porti lavoro e Pil» spiega l’imprenditore. Attenzione, però: «Il progetto dello stadio è importante. Ma se tutti parlano di calcio per me la “prima mèta” è il nuovo mercato, quello dove dovremo trasferire la Mercafir. Ed è un’operazione che si può fare anche con la collaborazione delle tante società private che lavorano al mercato o sono nostre socie», spiega.
Passati i crostini, un prosciutto tagliato alto (come si dovrebbe) e la finocchiona, in attesa della groppa alla brace si allarga lo sguardo. La sua azienda, Brigantino, come va? «Bene, ma perché abbiamo fatto una scelta: solo prodotti di porcellana di lusso, principalmente per il mercato estero — l’export è al 95% — una produzione fino al singolo pezzo e non a lotti». Finire a parlare dell’ennesima crisi per la Richard Ginori è scontato. «Da una parte c’è il problema che in questo settore, per chi produce ancora per “lotti”, la competizione globale è pesante». Dall’altra ci sono le banche creditrici, anzi una, doBank, che non ha accettato l’offerta di Kering per lo stabilimento. È un problema legato al fatto che non ci sono più «banche del territorio», come alcuni imprenditori
Il nuovo stadio Il credito