Così rivedremo il quadro ferito «Siamo a un passo dal traguardo»
In tanti all’evento per il recupero de «I giocatori di carte». Con la lezione a sorpresa di Sgarbi
Sembrava impossibile restaurare I giocatori di carte, il dipinto di Bartolomeo Manfredi danneggiato dalla bomba della mafia scoppiata ai Georgofili il 27 maggio 1993. E invece sta diventando realtà, anche grazie alla cena di raccolta fondi che si è tenuta ieri sera a Palazzo Pitti. L’evento faceva parte della campagna di crowdfunding lanciata da Gallerie degli Uffizi, Corriere Fiorentino e Banca Federico Del Vecchio. E, a sorpresa, è arrivato anche Vittorio Sgarbi.
Irrompe Vittorio Sgarbi, spuntato da dietro un angolo delle scale di Palazzo Pitti, e si getta come un leone al collo della sua preda sul video che mostra I giocatori di carte ei progressi del restauro: «Non è vero che la bellezza salverà il mondo, è un’utopia. Caso mai dobbiamo adoperarci per il suo opposto: per far in modo che sia il mondo a salvare la bellezza».
Era del tutto inatteso, il critico d’arte e polemista. Tanto che nello stretto e affollatissimo corridoio che porta all’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti, suona per un attimo l’allarme nella testa degli addetti alla logistica: «Correte a trovargli un posto a tavola». Le salette apparecchiate per la cena di gala per la raccolta fondi che porterà al restauro del capolavoro di Bartolomeo Manfredi si riempiono velocemente sulle note di Gershwin, Yann Tiersen e Piazzolla eseguite dal Quartetto Alfa della Scuola di Musica di Fiesole. La risposta della città all’invito lanciato da Gallerie degli Uffizi, Corriere Fiorentino e Banca Federico Del Vecchio, è una risposta importante.
L’operazione di crowdfunding «Cultura contro terrore» ha visto nella cena di ieri sera «un altro decisivo passo verso il traguardo» come ha spiegato il direttore del Corriere Fiorentino, Paolo Ermini, a fare gli onori di casa insieme al direttore degli Uffizi Eike Schmidt e al direttore generale della banca, Aldo Calvani. «Era rimasto l’ultimo dipinto da riportare alla vita dopo l’attentato di via dei Georgofili di 25 anni fa, non perchè non ne fosse degno — ha ricordato Ermini — ma perchè allora sembrava impossibile. Oggi non più». La restauratrice Daniela Lippi mostra i progressi del suo lavoro con una proiezione sul muro e fa le «presentazioni» con i personaggi del dipinto di Manfredi. «Questo è Ascanio, per esempio — sorride, scherza — gli ho dovuto dare dei nomi visto che passiamo tutto questo tempo insieme».
Mentre Schmidt riporta alla memoria tutte le volte che Firenze e la sua arte hanno dovuto fare i conti con le bombe e il terrore: i bombardamenti tedeschi del ‘44, la mafia nel maggio del ‘93, riportando l’attenzione alle paure di oggi, all’Isis che minaccia anche la bellezza e l’arte. Sono accorsi in tanti alla cena benefica: l’eurodeputata Simona Bonafé e Agnese Renzi, il presidente della Camera di commercio Leonardo Bassilichi e l’editore Mario Curia, Olivia Turchi dell’associazione Via Maggio, Lucia Aleotti della Menarini e Jacopo Mazzei di Fingen, Giuseppe Spinelli dell’Att e l’ex sottosegretario Stefano Passigli.
«La mia è una presenza preterintenzionale — prosegue l’arringa sgarbiana — Ero venuto per la mostra di Palazzo Strozzi e ho scoperto questa bellissima iniziativa». In fondo ieri si trattava di uno dei suoi argomenti più amati: il rapporto tra arte e violenza. Poi mette una mano intorno alle spalle del direttore Schmidt e gli lancia la sua piena solidarietà: «Le polemiche sul suo addio annunciato con due anni di anticipo sono del tutto insensate». Ha anche tempo per una mini lezione di arte, ovviamente su Bartolomeo Manfredi, autore del quadro che la cena, organizzata da Once, contribuirà riportare alla vita: «È stato lui a far diventare Caravaggio un linguaggio, ne ha costruito la grammatica». Dopo tutti a tavola, si mangia, si bevono i vini offerti dai marchesi Antinori e Maffei, il dessert offerto dallo chef Marco Stabile, tutti partner del progetto insieme a Dr. Vranjes, Opera catering e Archivio Fotografico Sala che ha fornito l’immagine del dipinto integro, precedente all’esplosione.
L’obiettivo Era rimasto l’ultimo dipinto da riportare alla vita dopo l’attentato Non perché non ne fosse degno, ma perché allora sembrava impossibile