La volontà del governo è intensificare l’impegno per il museo di Ponte a Ema
circa due anni fa, in un crescendo di concretezza.
La corsa non passerà fisicamente dallo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah che dal 2013 ospita il nome di Bartali nel suo luogo più nobile. Ma il muro dei Giusti, il monumento in pietra che rende onore ai salvatori del popolo ebraico durante la Shoah, e il suo illustre ospite, tra le figure più celebri che hanno ottenuto questo riconoscimento, saranno comunque protagonisti. La forma andrà definita nel dettaglio, ma è facile immaginare una cerimonia al Memoriale con atleti, dirigenti, appassionati locali di ciclismo. E potrebbe non essere l’unica, visto che si rincorrono voci a proposito di un possibile arrivo in quella Assisi meta di Ginettaccio di incessanti viaggi per consegnare documenti di identità falsificati.
«Quella di Bartali è una figura centrale nel nostro progetto», conferma il direttore del Giro Mauro Vegni, che dal palco della conferenza stampa allestita in un hotel a poche decine di metri dal luogo in cui prenderà il via la corsa (si partirà non lontano dalla porta di Jaffa, uno degli storici accessi alla Città Vecchia) ha parlato di edizione «storica», con Ivan Basso logica speranza di trionfo italiano («Questa corsa è il massimo, non finisce mai di stupire», ha detto lo Squalo siciliano). «Il fatto che questa edizione del Giro nasca nel ricordo di Bartali è un aspetto che, da toscano, mi rende particolarmente orgoglioso», sottolinea il ministro dello Sport Luca Lotti.
«È bello — ha poi aggiunto — che la sua figura venga ricordata proprio qui, a Gerusalemme, perché Ginettaccio non è stato soltanto un grande campione dello sport. È stato anche uno straordinario campione nella vita, un uomo di virtù eroiche che vanno trasmesse soprattutto alle giovani generazioni». L’intenzione, ha poi annunciato al termine dell’evento, è quella di intensificare l’impegno a favore del Museo Bartali a Ponte a Ema.
Gioia e Giacomo siedono accanto, visibilmente commossi. Un lungo applauso li avvolge quando lo speaker fa il loro nome e racconta alla platea chi fosse il loro nonno, i suoi indimenticabili meriti al servizio dell’umanità. È la seconda emozione di giornata per entrambi. Poche ore prima infatti la Israel Cycling Academy, la prima squadra professionistica israeliana di ciclismo, li aveva accompagnati allo Yad Vashem per una breve ma intensa visita sulle tracce di Gino. Prima il racconto dell’orrore, di vite infrante e sogni brutalmente spezzati. Quindi, l’atteso momento al Giardino dei Giusti. «Ciao nonno, eccoci finalmente qua», dice Gioia con voce spezzata, mentre la sua mano indica il nome di Gino sul grande muro del coraggio.