Corriere Fiorentino

La volontà del governo è intensific­are l’impegno per il museo di Ponte a Ema

- Adam Smulevich

circa due anni fa, in un crescendo di concretezz­a.

La corsa non passerà fisicament­e dallo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah che dal 2013 ospita il nome di Bartali nel suo luogo più nobile. Ma il muro dei Giusti, il monumento in pietra che rende onore ai salvatori del popolo ebraico durante la Shoah, e il suo illustre ospite, tra le figure più celebri che hanno ottenuto questo riconoscim­ento, saranno comunque protagonis­ti. La forma andrà definita nel dettaglio, ma è facile immaginare una cerimonia al Memoriale con atleti, dirigenti, appassiona­ti locali di ciclismo. E potrebbe non essere l’unica, visto che si rincorrono voci a proposito di un possibile arrivo in quella Assisi meta di Ginettacci­o di incessanti viaggi per consegnare documenti di identità falsificat­i.

«Quella di Bartali è una figura centrale nel nostro progetto», conferma il direttore del Giro Mauro Vegni, che dal palco della conferenza stampa allestita in un hotel a poche decine di metri dal luogo in cui prenderà il via la corsa (si partirà non lontano dalla porta di Jaffa, uno degli storici accessi alla Città Vecchia) ha parlato di edizione «storica», con Ivan Basso logica speranza di trionfo italiano («Questa corsa è il massimo, non finisce mai di stupire», ha detto lo Squalo siciliano). «Il fatto che questa edizione del Giro nasca nel ricordo di Bartali è un aspetto che, da toscano, mi rende particolar­mente orgoglioso», sottolinea il ministro dello Sport Luca Lotti.

«È bello — ha poi aggiunto — che la sua figura venga ricordata proprio qui, a Gerusalemm­e, perché Ginettacci­o non è stato soltanto un grande campione dello sport. È stato anche uno straordina­rio campione nella vita, un uomo di virtù eroiche che vanno trasmesse soprattutt­o alle giovani generazion­i». L’intenzione, ha poi annunciato al termine dell’evento, è quella di intensific­are l’impegno a favore del Museo Bartali a Ponte a Ema.

Gioia e Giacomo siedono accanto, visibilmen­te commossi. Un lungo applauso li avvolge quando lo speaker fa il loro nome e racconta alla platea chi fosse il loro nonno, i suoi indimentic­abili meriti al servizio dell’umanità. È la seconda emozione di giornata per entrambi. Poche ore prima infatti la Israel Cycling Academy, la prima squadra profession­istica israeliana di ciclismo, li aveva accompagna­ti allo Yad Vashem per una breve ma intensa visita sulle tracce di Gino. Prima il racconto dell’orrore, di vite infrante e sogni brutalment­e spezzati. Quindi, l’atteso momento al Giardino dei Giusti. «Ciao nonno, eccoci finalmente qua», dice Gioia con voce spezzata, mentre la sua mano indica il nome di Gino sul grande muro del coraggio.

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