Rifle, licenziamenti e sciopero
Venti giorni fa la svolta al vertice, da ieri a casa tre operai
«Pur nelle molte difficoltà affrontate in tanti anni, la Rifle non aveva mai usato questi modi nel rapporto con i dipendenti, con il sindacato e con il territorio; mai licenziato nessuno senza prima un percorso di confronto, magari di ricollocazione, di accompagnamento, anche economico per chi esce». Così Alessandro Picchioni (Filctem Cgil Firenze) spiega i motivi dello sciopero di ieri dei 36 dipendenti (su 180 in Italia) di Barberino della Rifle, la storica azienda di jeans della famiglia Fratini.
Da poche settimane è entrata una nuova proprietà come socio di maggioranza — il fondo Kora Investments — mentre la famiglia Fratini è rimasta, con la terza generazione. Lo sciopero, che ha fermato ieri anche il negozio dell’outlet, è stato deciso dopo che lunedì erano sono stati annunciati tre licenziamenti ed ha preceduto l’incontro nel pomeriggio tra sindacati e azienda, che si è tenuto presso la sede di Confindustria. E che si è chiuso con una fumata nera.
«L’azienda ha confermato la propria decisione — afferma Picchioni — Non ha ritirato i licenziamenti, spiegando che sta attuando un processo necessariamente rapido di ristrutturazione e che quelle funzioni non sono più previste. Non hanno parlato di una ricollocazione dei tre dipendenti. Dalla nuova proprietà arriva un brutto messaggio». Stamani i lavoratori Rifle in assemblea decideranno eventuali altre azioni di protesta.
Le posizioni L’azienda: necessaria una riorganizzazione I sindacati: è mancato qualunque confronto