IL VIA LIBERA DI RENZI (E IL VENTO DI MINNITI)
Di buon mattino, prima di lanciare la sua campagna alla testa dei sindaci per la sicurezza nelle città, Dario Nardella ha alzato il telefono per confrontarsi con il suo predecessore, Matteo Renzi, oggi leader del Pd. Il responso? «Piena copertura politica» all’iniziativa di Nardella, che chiede l’arresto (e non solo una multa) per il delinquente che viola il «Daspo urbano», cioè il divieto di stazionare in una precisa zona della città.
È la riprova di quanto la sicurezza sia diventata anche per il centrosinistra il nodo chiave in vista della campagna elettorale. È su questo tema, oltre al lavoro, che si decideranno le politiche di primavera, e anche le prossime tornate amministrative. Compresa quella di Firenze, con Nardella che punta al bis, nel 2019. Alla fine, insomma, il Pd ha capito che questa battaglia non poteva più essere lasciata alla destra, più o meno radicale, e al populismo grillino. «Non possiamo permettere che il nesso di fiducia che unisce i cittadini alle istituzioni e alle forze dell’ordine venga minato», dice Nardella. Parole che, pronunciate a sinistra, fino a poco tempo fa avrebbero scatenato una bufera per gli strali di chi ci avrebbe visto il riflesso di una «destra securitaria e razzista». Ma il vento, complice anche l’ondata di migranti, è cambiato. E il ministro degli Interni che viene dal Pci, Marco Minniti, quel vento, lo ha fiutato prima di tutti. Anche di Renzi, che sul fronte della sicurezza aveva sempre azzardato assai poco, rispetto ad altri fronti. E non è un caso che secondo i sondaggi oggi sia proprio Minniti il ministro più apprezzato dagli italiani. Eppure non ha truppe in Parlamento, non va quasi mai in tv, né tartassa via Facebook.