La Toscana con il mal di gioco Bruciati 10 mila euro al minuto
Cresce il numero di persone (sempre più giovani) in cura nei Sert: «È una piaga sociale»
Sempre più slot machine, sempre più soldi in fumo, sempre più giocatori dipendenti. Non conosce crisi il gioco d’azzardo in Italia e in Toscana. I numeri parlano chiaro ed evidenziano un fenomeno preoccupante in tutto il Paese. Soltanto nel 2016, tra apparecchi, lotterie, bingo e scommesse varie, sono stati giocati su tutto il territorio regionale ben 5,8 miliardi di euro. Una media di 16 milioni al giorno, 10 mila euro al minuto.
Numeri da capogiro, emersi dall’indagine condotta da Filippo Torrigiani, consulente commissione parlamentare antimafia, a partire dalle statistiche fornite dall’Agenzia Dogane e Monopoli. E soprattutto, aumentano i soldi persi nel gioco. Cifre stratosferiche, cresciute lentamente anno dopo anno anche nella nostra regione: 984 milioni persi nel 2013, che sono diventati 965 nel 2014 e 999 nel 2015. Fino al 2016, quando i soldi bruciati hanno toccato la cifra record di 1,1 miliardi, proiettando la Toscana è al settimo posto in Italia tra le regioni con la maggiore spesa nel gioco d’azzardo (al primo posto c’è la Lombardia, seguita da Lazio e Campania). Dove finiscono questi soldi? Buona parte nelle casse dello Stato, visto che le macchinette mangiasoldi sono fornite dai Monopoli. Le restanti ed ingenti fette di guadagno servono a remunerare la filiera del gioco (concessionari, installatori, esercizi di vendita).
Il gioco d’azzardo trova terreno fertile in tutta la Toscana, dove crescono esponenzialmente gli apparecchi elettronici: quasi 20 mila tra slot e video-lottery. Sono le slot quelle più gettonate: 404 milioni spesi complessivamente nel 2013, 413 nel 2014, 428 nel 2015 e 473 nel 2016. Non conosce crisi neppure il bingo, dove nel 2016 sono stati spesi dai giocatori 21 milioni di euro complessivi, mentre nelle scommesse sportive sono andati in fumo 42 milioni (erano 31 nel 2013) e nell’ippica 21 milioni. Boom del Lotto, passato dai 96 milioni del 2013 ai 147 del 2016. Quello che colpisce maggiormente, il fatto che la maggior concentrazione di sale scommesse si trova nei quartieri più svantaggiati. Non è un caso che, nell’area fiorentina, sia proprio la zona intorno alle Piagge quella con più sale scommesse e slot machine.
Almeno 30 mila i giocatori dipendenti da gioco d’azzardo in Toscana (quasi un milione in tutta Italia), tra cui 1.300 in cura presso i Sert. Sempre più bassa l’età media degli utenti che si avvicinano al gioco per la prima volta, con casi di dipendenza anche a 14 anni. «In Toscana — commenta Torrigiani — ci sono più apparecchi mangiasoldi che posti letto in ospedale. Spesso si dice erroneamente che i soldi ricavati dal gioco d’azzardo servono allo Stato per equilibrare i bilanci, ma non è affatto vero visto che quei fondi ricavati vengono poi spesi per curare le dipendenze e per contrastare il gioco d’azzardo clandestino e le organizzazioni criminali che, come accertato da centinaia di indagini dell’Autorità giudiziaria, talvolta lo gestiscono». Difficile generalizzare le fragilità profonde per cui le persone cadono nel gioco, ma il più delle volte influiscono la solitudine, il disagio relazionale e l’insicurezza verso se stessi. Per arginare il gioco, qualche mese fa il Senato ha approvato un provvedimento del Governo che prevede tra l’altro l’aumento del prelievo erariale unico su slot e video-lottery, l’aumento della ritenuta sulle vincite al lotto, la riduzione del 34 percento delle slot machine entro il 2018, sanzioni di 10 mila euro per le slot non rimosse. Più incisive misure di contrasto sono state adottate anche dall’assessorato al diritto alla salute della Regione, che in due anni ha stanziato oltre 6 milioni, a partire dal nuovo piano contro il gioco d’azzardo, già approvato dal Ministro della salute, che prevede tra l’altro l’attivazione di un numero verde. A rispondere ci sarà un pool di 4 esperti psicologi e psicoterapeuti, che potranno fornire informazioni utili sulle cure nel territorio toscano oppure potranno fornire, più semplicemente, una prima assistenza telefonica.
«Nella nostra regione ci sono più apparecchi mangiasoldi che posti letto in ospedale, è un’emergenza da arginare»