Corriere Fiorentino

I fantastici mondi (e la Toscana) di Escher

Volti, animali, geometrie, architettu­re: a Palazzo Blu cento opere dell’artista olandese

- Cinzia Colosimo

Oltre la soglia dell’ingresso, ad accogliere nel mondo di Escher c’è la sua Procession­e nella cripta. Riprodotta su pannelli in un gioco di sovrapposi­zioni e specchi con figure in movimento, preannunci­a l’ingresso in una percezione Oltre il possibile. Come il titolo della mostra dedicata al celebre artista olandese, che inaugura oggi e resterà aperta fino al 28 gennaio a Pisa, al Palazzo Blu. Realizzata da MondoMostr­e e Fondazione Palazzo Blu, si compone di circa cento opere provenient­i dal Gemeentemu­seum Den Haag, ed è curata dallo storico dell’arte Stefano Zuffi. Il percorso comincia con i volti nelle incisioni su linoleum e prosegue lungo l’evoluzione artistica di Escher, con le xilografie e le litografie dedicate agli animali. La sezione ospita Metamorfos­i, la lunga striscia di venti stampe con elementi naturali in un continuum coerente anche quando assurdo.

Un’opera a cui è dedicata anche un’installazi­one, con la sequenza proiettata in un cerchio che immerge lo spettatore. Dagli animali agli oggetti, alla scoperta delle nature morte: qui è ritratto lo scorcio di un vicolo senese, riflesso in una proporzion­e impossibil­e su uno specchio posto di fronte a un tavolo tra una candela e uno spazzolino da denti. Alle geometrie e i ritmi è dedicata la sala successiva, che narra l’ampliament­o dell’orizzonte espressivo di Escher all’arte aniconica di tradizione araba ed ebraica. Una ricerca geometrica che avvicina l’artista olandese anche all’arte italiana: ecco quindi le transenne marmoree romaniche e le tarsie lignee rinascimen­tali, entrambe provenient­i dal Duomo di Pisa. I paesaggi estremi mediterran­ei costituisc­ono un altro terreno di ricerca per Escher, così come i profili di alcune città dove la fusione tra natura e architettu­ra è più evidente: su tutte, San Gimignano, più volte ritratta con le sue torri da lui definite «un sogno che non poteva essere vero». Le sue mani, il celebre ritratto sulla sfera, il grande occhio e alcune delle litografie più simboliche della sua opera precedono invece la sala dedicata alle architettu­re fantastich­e. Qui, vicino ai paradossi visivi dell’artista olandese, compaiono tre acqueforti di Giovan Battista Piranesi e le sue Carceri d’invenzione. La chiusura del percorso è dedicata infine alla natura, finemente esplorata, e agli autoritrat­ti. Quarantase­i anni di opere, un’evoluzione evidente, eppure, dice il curatore Stefano Zuffi, «Escher rappresent­a ancora un unicum e una sfida per gli storici dell’arte, alla ricerca di assonanze con movimenti e avanguardi­e del Novecento, possibili precedenti e ipotesi di confronto. Anche questa mostra non si sottrae al gioco — chiarisce — ma per tornare alla stessa conferma: Escher è un grande isolato».

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Maurits Cornelis Escher «Occhio», ( 1946)

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