Una Salomè nella Basilica di Assisi
Il primo violino del Maggio Domenico Pierini dirigerà i Cameristi. E alla regia c’è Dario Argento
Un connubio spiazzante, un personaggio entrato nell’immaginario comune come simbolo di morbosa seduzione. La giovane bellissima principessa Salomè ha ispirato il celebre dramma di Oscar Wilde. Immaginate la danza dei sette veli, immaginate l’erotismo molle e perverso della corte di Erode, immaginate il celebre testo di Wilde, lo stesso musicato da Strauss e immaginatevi la Basilica principale di San Francesco d’Assisi. Il tutto condito da una buona dose di Dario Argento. Con sul podio il maestro Domenico Pierini, primo violino dell’orchestra del Maggio Musicale, alla guida dei Cameristi del Maggio.
Ecco, tutto questo domani sarà eseguito per la prima volta in assoluto in forma semiscenica davanti all’altar maggiore della Basilica di San Francesco d’Assisi. Il patrono d’Italia, in uno dei contesti di più alta spiritualità religiosa, guardato a vista da quegli affreschi di Giotto che sono uno dei capisaldi dell’arte italiana. Insomma, c’è proprio tutto. Certamente quel contrasto fra la santità del Battista e la dissolutezza della corte di Erode assumerà toni drammatici che in futuro sarà difficile da emulare. L’autore è Giuseppe Magrino, maestro di cappella di San Francesco e la serata sarà una delle attrazioni del festival «Omaggio all’Umbria» diretto da Laura Musella. «Con Magrino si è instaurato un rapporto di grande fiducia — ci racconta Domenico Pierini, ormai presenza abituale al festival umbro — e posso tranquillamente affermare che si tratta di un grande musicista. Lui mi ha dato carta bianca. Il libretto è stato tradotto in italiano e l’opera, un atto unico, è un vero e proprio crescendo. Si comincia con dei dialoghi per crescere e arrivare a uno dei finali più sconvolgenti che sia dato ascoltare. Ti ammazza, letteralmente. Musicalmente si avvertono chiaramente i debiti della lezione wagneriana. Lui aveva iniziato anni fa scrivendo come pagina sinfonica la danza dei sette veli. Ma piano piano intorno a quella pagina è maturata l’idea di costruire l’intera opera. L’autore mi ha dato piena libertà interpretativa e quando ha sentito per la prima volta le prove era al settimo cielo. ‘Era proprio come la sognavo’, mi ha detto».
Dario Argento ha già fatto sapere che, dato il contesto ecclesiastico così importante e intriso di sacralità, la celebre danza dei sette veli sarà un’evocazione, più che una cruda rappresentazione dello spogliarello più celebre dell’arte. Si raffreddino quindi i bollori dei vari voyeur che arrivano a teatro muniti di megabinoccoloni nella speranza di catturare le grazie del soprano di turno. Ma non sarà certo questo a rallentare le attese. La serata è infatti ormai sold out. Circa un’ora e un quarto di esecuzione, orchestra di oltre trenta elementi, il coro maschile della Basilica e una decina di solisti. Nei ruoli principali, Salome ed Erode, Tullia Marinella e David Sotgiu. «Belle voci che interpretano totalmente quello che sentono. Come tutti gli altri. Argento poi per me è stato un vero mito fin da quando ero ragazzo. Ho visto tutti i suoi film», continua Pierini . Che, come ogni cinefilo sa, hanno una componente melodrammatica imprescindibile. Non solo per il film Opera, dove uno dei principali protagonisti si può dire sia il «Macbeth» di Verdi, ma propio per la scansione emozionale del costruzione filmica. D’altro canto giova ricordare l’intensa regia del Macbeth al Verdi di Pisa, dove, a proposito di suggestioni, l’omicidio del re è solo evocato, nessuna crudezza splatter, ma una suggestione pazzesca attraverso quella sagoma di sangue che si appoggia contro un vetro oscurato. Una di quelle cose che proprio non te la dimentichi. Le prove si sono svolte tra Teatro del Maggio e Basilica di Assisi. «Mi piacerebbe che una simile inusitata proposta approdasse anche a Firenze», conclude Pierini. Magari in Duomo o in Santa Croce, per non perdere l’elemento della sacralità del luogo. Se non addirittura — sognare è lecito — di fronte a una delle più celebri Salomè della storia dell’arte, quella del Duomo di Prato affrescata dal Lippi.
L’opera, un atto unico, è di Giuseppe Magrino che mi ha dato totale fiducia. È un vero e proprio crescendo fino al finale sconvolgente Abbiamo fatto le prove in questi giorni all’Opera e chissà che in futuro non si possa fare il bis a Firenze