Corriere Fiorentino

MAGLIE ROSA, CAMICIE NERE

- di Enrico Nistri

Eterna vocazione dei regimi totalitari, ricorrente tentazione dei governi democratic­i, la collusione fra sport e politica comporta da sempre i suoi pericoli. Lo sapevano i greci, ne era convinto Avery Brundage, ultimo grande interprete dello spirito di de Coubertin, che fino all’ultimo come presidente del Cio cercò di tenere lontano dalle Olimpiadi il virus della politica. Il rapporto fra sport e regime fu particolar­mente stretto durante il Ventennio. Il fascismo trasformò il Coni da associazio­ne privata a ente pubblico finalizzat­o «all’elevazione fisica e morale degli italiani», dotò la penisola di moderni impianti sportivi, utilizzò i successi agonistici come ingranaggi della fabbrica del consenso. Dopo la guerra il governo Bonomi nominò commissari­o liquidator­e del Coni Giulio Onesti, un ex partigiano. Ma, come fece Mattei con l’Eni, Onesti invece di rottamare quell’«ente fascista» lo rilanciò con i proventi della Sisal, evitando di praticare pratiche di epurazione. A Firenze i rapporti fra sport e regime furono particolar­mente stretti. Fiorentino d’adozione fu l’ultimo presidente del Coni prima del 25 luglio, Raffaele Manganiell­o, fiorentino di nascita il suo successore durante la Repubblica Sociale, Puccio Pucci, amico personale di quell’Alessandro Pavolini che in gioventù fu autore di uno dei primi romanzi italiani di soggetto sportivo, Giro d’Italia. Il marchese Luigi Ridolfi, federale di Firenze, fondò la squadra Viola e sovvenzion­ò la costruzion­e dello stadio Nervi e della pista degli Assi. Dopo l’8 settembre non aderì alla Rsi e, dopo lunga emarginazi­one, tornò alla vocazione di organizzat­ore e mecenate sportivo promuovend­o e finanziand­o il Centro tecnico di Coverciano. Una Firenze non immemore gli ha intitolato il nuovo stadio di atletica. Alla Rsi aderì invece, a 23 anni, Fiorenzo Magni, nativo di Vaiano. Fu coinvolto in uno scontro a fuoco con un gruppo di partigiani e sottoposto a un processo da cui uscì indenne grazie anche all’amnistia Togliatti. Poté intraprend­ere così una carriera di corridore che ne fece il «terzo uomo» fra Bartali e Coppi e lo vide vincere tre giri d’Italia, uno dei quali, quello del ‘56, con una clavicola rotta. Magni è morto nel 2012. A un lustro di distanza lo storico Walter Bernardi ha proposto d’intitolarg­li a Prato una pista ciclabile, ma l’ipotesi non è piaciuta all’Anpi che non ha perso l’occasione di ricordarne i trascorsi: la commistion­e fra sport e politica torna, sotto altre forme. Ma anche questo è Toscana: la regione in cui tre maglie rosa non bastano a coprire una camicia nera.

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