«Io e il fondamentalismo. A Sollicciano»
L’imam del carcere: «Insegno il Corano, ma quanta voglia di vendetta tra i detenuti»
Hamdan Al-Zeqri, guida spirituale islamica nel carcere fiorentino di Sollicciano, dice senza nascondersi: «Alcuni detenuti sono frustrati, assaliti dalla rabbia, si sentono escluso dalla società. Il rischio che possano diventare terroristi esiste». Una minoranza certo, ma l’imam risponde con l’ascolto, le parole, «insegnando che la fede ed il Corano dicono un’altra cosa».
«Non vede l’ora di uscire di prigione per vendicarsi. Vuole vendicarsi degli amici e dei familiari, da cui si sente tradito. Vuole vendicarsi col mondo intero». Hamdan al-Zeqri, guida spirituale islamica nel carcere di Sollicciano, lo dice senza peli sulla lingua: «Quel recluso è frustrato, assalito dalla rabbia, si sente escluso dalla società. Il rischio che possa diventare un terrorista esiste». E non è l’unico, dentro il carcere di Sollicciano, così come in tanti altri penitenziari italiani. «Quando esco dal carcere, vedrete che il mio nome sarà ricordato a lungo, mi disse un giorno uno dei detenuti», aggiunge.
E proprio per contrastare questo fenomeno, la comunità islamica di Firenze, in accordo con l’Unione delle comunità islamiche d’Italia e il Ministero della Giustizia, ha attivato la figura del Ministro di Culto in carcere, un imam tra le sbarre, capace di parlare con i detenuti, ascoltare le loro difficoltà e invitarli alla riflessione.«Insegno loro il vero Islam, leggiamo passi del Corano, cerco di condurli sulla strada giusta», dice Hamdan, 30 anni, nato nello Yemen ma cittadino italiano. Parla fiorentino, vive nel Mugello. Studia scienze religiose alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, in piazza Tasso. Varca i cancelli di Sollicciano ogni venerdì. Prima la preghiera in un’aula diventata moschea, con circa 70 detenuti. Poi i colloqui individuali, durante i quali Hamdan spiega ai reclusi il vero senso della fede. Si trova di fronte persone che hanno perso ogni speranza, dove la collera prevarica tutto.
«Certi detenuti mi fanno paura. Si sentono esclusi, gli manca il riconoscimento e la considerazione da parte della società. In carcere non tutti hanno possibilità di lavorare, passano la giornata senza fare niente — racconta — Hanno smarrito il senso di appartenenza al mondo che li circonda, si sentono morti che camminano. Hanno tanta rabbia che unita all’ignoranza, può portare al fondamentalismo, magari al terrorismo, così questi ragazzi sublimano le loro frustrazioni, riescono ad attirare l’attenzione della società. E finisce che, usciti dal carcere, si rivolgono a organizzazioni criminali e terroristiche per trovare quello che credono essere un riconoscimento».
Succede anche agli italiani, che invece di abbracciare il fondamentalismo, tornano a commettere nuovi reati. Per contrastare derive pericolose, Hamdan apre il Corano, spiega ai reclusi che la fede è un’altra cosa, aiutandoli a ritrovare la speranza, la voglia di vivere dentro e fuori dal carcere. Cerca di curare la loro anima. A volte funziona: «Vedo in loro un principio di cambiamento». È importante trovare qualcuno con cui parlare: «Prima di me — spiega Hamdan — questi ragazzi non parlavano con nessuno, credo che l’ascolto e il confronto sia il primo passo per la trasformazione. Cerco di far capire quanto sia importante esercitare la pazienza, la perseveranza e la misericordia. Alcune di queste persone non hanno una solida educazione religiosa, non hanno strumenti culturali che possano aiutarli a tenersi lontani dai propagandisti di odio. Così cerco di instaurare con loro un rapporto di fiducia per prevenire la radicalizzazione. Porto loro alcuni libri che possano reindirizzarli sulla retta via, per riscoprire i pilastri della fede, analizzare e superare l’errore che li ha portati in carcere. Spiego loro che il jihad non significa vendetta. Il vero jihad nell’Islam significa educare se stessi». E poi, se qualcuno esce dal carcere, l’accompagnamento spirituale prosegue anche fuori, dove gli ex detenuti vengono supportati nel reinserimento sociolavorativo.
Con il Corano tento di fargli capire quanto sia importante esercitare la pazienza, la perseveranza e la misericordia Alcuni hanno smarrito il senso di appartenenza al mondo, prima di me con queste persone non parlava nessuno