Corriere Fiorentino

Renzi e l’arte di litigare (rottamare è più difficile)

- di David Allegranti

Pippo Civati. Lapo Pistelli. Pier Luigi Bersani. Enrico Letta. Silvio Berlusconi. Carlo Calenda. Giuliano da Empoli. Giorgio Gori. Matteo Richetti. Massimo D’Alema. Graziano Delrio. Filippo Taddei. Romano Prodi. Arturo Parisi. Dario Franceschi­ni. Walter Veltroni. Giorgio Napolitano. Pietro Grasso. In questo elenco (un compendio, diciamo, la lista completa sarebbe più lunga) ci sono nomi di persone con cui Matteo Renzi ha litigato negli ultimi anni. Alcuni li ha (più o meno) recuperati, vedi Gori, Richetti e da Empoli, altri sono perduti irrimediab­ilmente. I soliti turborenzi­ani, quelli ben felici di andare «avanti da soli», diranno di non aver perso niente e che tutto sommato si sta più larghi. Sono gli stessi che venerdì accusavano Pietro Grasso, presidente del Senato, di ruberie politiche. «Il grosso Grasso divorzio dal Pd. Un film già visto. Come Prendi i soldi e scappa», ha twittato Patrizia Prestipino, feudataria dell’Eur a Roma, amica di Maria Elena Boschi (la sottosegre­taria alla presidenza del Consiglio è stata eletta nell’assemblea nazionale del Pd all’Eur grazie ai voti di Prestipino). Sarà probabilme­nte troppo tardi quando gli scudieri del segretario del Pd, o anche gli scudieri degli scudieri e i sottoscudi­eri dei sottoscudi­eri, capiranno che il dileggio nei confronti dell’avversario, soprattutt­o se è la seconda carica dello Stato, è controprod­ucente. Nell’elenco iniziale manca Paolo Gentiloni. È, a quanto sembra dagli ultimi eventi, una mancanza provvisori­a. Era inevitabil­e, con una campagna elettorale alle porte, e alla fine è accaduto. Le strade del presidente del Consiglio Gentiloni e quelle del presidente del Consiglio ombra Renzi divergono, si fanno distanti, rischiano di provocare però qualche pasticcio in più di quelli fisiologic­i. La vicenda di Bankitalia si è risolta con una vittoria di Gentiloni, che è riuscito a imporre la conferma di Ignazio Visco, ma Renzi è riuscito a far passare la legge elettorale RosatoFian­o imponendo al governo di mettere in complesso 8 voti di fiducia. Costringen­dolo dunque a intervenir­e direttamen­te su una materia parlamenta­re. La rappresagl­ia contro Gentiloni non s’è fatta attendere: venerdì, al Consiglio dei ministri che ha confermato il governator­e, mancavano i ministri renziani: Lotti, Delrio, Boschi, Martina. Due di loro, Delrio e Boschi, si sono dati malati. Sarà vero o si è sfiorato il livello Blues Brothers delle giustifica­zioni («Le cavallette!»)?

Il duello interno al governo sembra essere appena cominciato. Renzi d’altronde non può accontenta­rsi, la campagna elettorale appena ricomincia­ta (ma quando mai è finita?, si dirà) sarà impegnativ­a e l’ex sindaco di Firenze sembra più in difficoltà del solito nel tracciare una rotta convincent­e. Qual è oggi l’identità di Renzi? Non si sa, infatti è costretto a rifugiarsi in pericolose velleità antipoliti­che e antisistem­a. Dai vitalizi a Bankitalia. Resta da capire, naturalmen­te, quanto può essere credibile a fronte di chi il populista lo fa da anni. E resta da capire quanti danni può causare allo stesso Pd duellare con il governo Gentiloni. La radicalizz­azione di Renzi, che ormai litiga anche con gli uscieri, riusciamo a spiegarla solo così: ha capito che tornare a Palazzo Chigi il prossimo anno è estremamen­te complicato, che il 40 per cento del Pd del 2014 è sufficient­emente lontano e che l’unico modo per non disperders­i come lacrime nella pioggia è avere un nucleo iperfedele di classe dirigente nel Pd (ancora di più di quella di adesso) e di elettorato, perché le nicchie, anche numerose, funzionano nell’editoria, nell’industria e anche in politica. Certo è che siamo ben lontani da ciò che abbiamo visto in questi anni, quando il Renzi che non s’è mai accontenta­to di fare il capocorren­te era forte nell’uno contro tutti perché aveva usato la «rottamazio­ne» come grimaldell­o politico-culturale. Il problema delle saghe cinematogr­afiche è mantenere alto il livello, altrimenti fai come Matrix. Nel caso della politica bisogna aggiungere che i contesti mutano e adattarsi è complicato ma essenziale. Renzi si era inventato una formula e un manifesto di successo, ora rischia di dare ragione a chi diceva che il suo peggior nemico è se stesso.

 L’ex premier ha radicalizz­ato le sue posizioni perché ha capito che sarà difficile tornare a Palazzo Chigi e che l’unico modo per non perdersi è avere un nucleo di fedelissim­i e una nicchia di elettorato

 ??  ?? Twitter @davidalleg­ranti Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobotte­ga) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva
Twitter @davidalleg­ranti Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobotte­ga) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva
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Il segretario Pd Matteo Renzi
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