«Il precariato ti logora dentro» Tra i sacchi a pelo, coi ricercatori
Pisa, l’occupazione giorno e notte del Cnr. Ma senza abbandonare pc e progetti
«Essere precari è una condizione esistenziale che ti logora da dentro. E che ti consuma ancora di più se hai la consapevolezza di essere necessari all’istituzione per cui lavori». Per capire come si vive in quel limbo chiamato «precariato», in cui navigano a vista centinaia di ricercatori, tecnologi e responsabili amministrativi del Centro Nazionale di Ricerca, bastano pochi minuti. Pisa ospita la più grande area del Cnr e nell’aula 27, occupata da mercoledì da decine di precari, si trovano padri e madri di famiglia di quaranta, cinquant’anni: persone che si sono formate nel centro di ricerca e la cui figura è ormai essenziale per il funzionamento del Cnr.
«Questo ente ha investito milioni sui 4.500 precari dei vari Cnr sul territorio nazionale; a Pisa siamo diverse centinaia. Perché il governo continua ad ignorare la nostra esistenza? Basta precarietà, è l’ora delle stabilizzazioni», dicono a gran voce gli occupanti, attrezzati di materassi per la notte, cibi vari e pc da lavoro, «perché anche se protestiamo, non possiamo permetterci di trascurare il progetto di ricerca che ci garantisce lo stipendio». I ricercatori denunciano l’attuale bozza di legge di bilancio, non sufficiente a garantire le assunzioni dei precari. La rabbia è tantissima.
«Per cercare di strappare un contratto di anno in anno ho trascurato la mia famiglia in un modo vergognoso. Quando guardo le foto dei miei figli sulla sabbia, con la paletta e il secchiello, mi chiedo “dove ero in quegli anni?”. La condizione di precario ti distrugge dentro, è umiliante, riduce la qualità della vita». Marco Leva, 58 anni, tecnologo precario da 17 anni al Cnr pisano, non usa mezzi termini: «Quello che fa più rabbia, al di là della nostra condizione personale, è che il Governo non intenda investire nella ricerca. Gli altri Paesi ci stanno rubando i cervelli migliori». Leva si definisce «il manovale della ricerca»; si occupa dell’acquisto di beni e servizi e anche di sicurezza: è lui che dà le chiavi delle stanze, secondo le esigenze dei lavoratori. «Non faccio altro che sentire dai più giovani che sono stati assunti o che hanno trovato opportunità migliori all’estero. Mi consegnano le chiavi e se ne vanno. Questo costante andar via impoverisce enormemente l’Italia. Se non rinnovi il contratto ai precari, cosa fai? Butti via decenni di formazione e assumi un’altra persona a cui insegnare tutto da capo?».
Precariato vuol dire anche dipendere dal tuo responsabile affinché trovi i fondi per rinnovarti il contratto. «Crescendo ho imparato a trovarli io stesso per il mio reparto. Ma in un anno ci sono tre o quattro rinnovi del contratto, una prassi che logora l’anima soprattutto quando si ha una famiglia», dice Luca Bastiani, 41 anni ricercatore al Cnr pisano dal 2000 in epidemiologia sociale. «Ho due figli, un mutuo e una moglie che non riesce a trovare lavoro. Dopo una laurea in psicologia a Firenze, una specializzazione in igiene e un dottorato in sanità pubblica a Pavia ho iniziato a lavorare nell’istituto di fisiologia clinica. In questa condizione di precariato ci si sente quasi abbandonati dall’ente che ci ha formato, come i figli abbandonati dalla madre».
L’occupazione, appoggiata dall’Unione sindacale di base, andrà avanti ad oltranza in vista dello sciopero generale del 10 novembre: ha ricevuto il sostegno del consiglio comunale (che potrebbe riunirsi al Cnr il 9 novembre) e del sindaco che venerdì è tornato ad esprimere solidarietà ai ricercatori: «È una battaglia importante per la città: il 50% dei 1.200 dipendenti del Cnr pisano è precario, alcuni da 10-15 anni».