Corriere Fiorentino

Primavera a Settignano, contro le pene del lavoro

- Di Luca Scarlini

«La campagna fiorita degli ulivi/ avrà la sera e le fanciulle al canto/che lasciano sparendo». Alfonso Gatto celebra la Primavera a Settignano, ricordando la dimora, piccola ma piena di luce, dove approdò all’inizio degli anni ‘40. Come ricostruis­ce Silvio Ramat nella prefazione a Tutte le poesie, (Mondadori), lo scrittore salernitan­o era arrivato in riva all’Arno, nel settembre del 1937, dopo l’uscita, per Guanda, del libro che determinò la sua affermazio­ne: Morto ai paesi. Alle spalle aveva l’arresto e la condanna di sei mesi a San Vittore con l’accusa di «cospirazio­ne comunista»; fino al 1943 fu sorvegliat­o speciale. In Toscana Gatto cercava un lavoro stabile, che gli permettess­e di mutare tenore di vita, ma le ristrettez­ze continuaro­no, costringen­dolo a continui traslochi. Non riuscì ad ottenere un posto alla Richard Ginori (a Milano aveva lavorato nel design, collaboran­do a Domus), né a collocarsi a La Nazione. Invece fittissimi furono gli incroci con gli intellettu­ali fiorentini suoi coetanei: nel 1938 diresse con Vasco Pratolini Campo di Marte, quindicina­le nominalmen­te diretto da Enrico Vallecchi, comparendo, con Vittorini e altri, sulle terze pagine del Bargello. Nel 1941 uscirono da Vallecchi le sue Poesie, un volume salutato da notevoli recensioni; a Firenze nacque la figlia Paola a cui dedicò una lirica sognante: «Remoto, e sia l’alba/ sospesa alla mano che adagio/ persuade il suo dolce declino, / sia luna/ cadente nel tenero cielo»: poi nel 1943 tornò a Milano.

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Poeta Alfonso Gatto
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