DUEMILA POSTI DI LAVORO. CHI LI VUOLE?
Innovazione al traino di Industria 4.0 e manualità, sapere artigiano che non tiene il passo con il boom del distretto fiorentino, perché mancano coscienza e formazione adeguate nei giovani. Sono le due facce della pelletteria. Secondo le stime diffuse da Confindustria Firenze alla vigilia di Pellepiù (alla Fortezza dal 9 all’11 novembre), il distretto fiorentino, che conta 3 mila aziende con oltre 20 mila addetti, chiuderà l’anno con una crescita di produzione e export vicina al 10 per cento, dopo aver archiviato il 2016 con esportazioni per 2,2 miliardi. Secondo David Rulli, presidente della sezione pelletteria di Confindustria Firenze e membro di Rete Pelle più, nel prossimo triennio serviranno circa duemila lavoratori, ma i giovani che usciranno dalle scuole non saranno sufficienti. Le cause di questa carenza, secondo Rulli, vanno ricercate, da un lato, nel fatto che i giovani non sono consapevoli delle soddisfazioni professionali ed economiche offerte dal mestiere di pellettiere, dall’altro nell’inadeguatezza dell’offerta formativa. «Per fare questo mestiere nel modo giusto serve un addestramento lungo — dice Rulli — Le scuole esistenti hanno difficoltà ad accogliere le richieste perché sono a corto di fondi. Le istituzioni dovrebbero sostenerle di più, mentre i giovani dovrebbero capire che un bravo tagliatore o un bravo modellista, oltre a delle belle soddisfazioni professionali, porta a casa anche 3.500 euro al mese». Non si scappa dalla formazione vecchio stile, nonostante il crescente impiego delle macchine: gli investimenti in macchinari sono in forte aumento, anche per effetto degli incentivi di Industria 4.0, ma fasi decisive del processo produttivo come la realizzazione dei prototipi e dei modelli, restano esclusivamente manuali. A preoccupare la pelletteria fiorentina, quindi, non è tanto lo spettro della quarta rivoluzione industriale, quanto l’incapacità di affrontare problemi antichi.