Corriere Fiorentino

MODELLI ED ERRORI TOSCANI

- di Francesco Colonna

Si dice a Firenze: «Chi vende non è più suo». Sgrammatic­atura efficace per spiegare l’orgoglio che dovrebbe essere alla base di ogni impresa, mai superato dall’avidità. Invece troppo spesso piccoli o grandi imperi cedono al piacere del contante, tanto un cinese, un fondo di investimen­ti, una multinazio­nale si trova, specie quando il prodotto è di alto livello. Invece no, Stefano Ricci, il cui prodotto è di livello altissimo, è riuscito in uno dei passi più complessi di una vicenda aziendale: lo scorrere delle generazion­i senza contrasti e soprattutt­o senza vendere. Lo spiega nell’intervista che pubblichia­mo a pagina 3, in cui il designer racconta anche, in poche righe, l’esperienza alla guida del Centro per la Moda. Non offre molte spiegazion­i. Ma esprime un identico concetto per banche e politica. Insopporta­bili. Ciò che Ricci non dice è che queste due categorie si sono spesso unite per fare danni e malestri, facendo vittime tra imprese e risparmiat­ori. La Toscana è stata un modello: da regione ricca di banche territoria­li, più una di livello nazionale, ora è solo fatta di rami di istituti dislocati altrove. Gli odi ancestrali non sono riusciti a mettere insieme una decina di banche che avrebbero conservato la territoria­lità e costruito una massa capace di competere sul mercato. Altri hanno fatto anche peggio, dilapidand­o patrimoni non solo di cassa. Così una regione ricca di storia industrial­e e bancaria deve consolarsi col turismo. Che il Signore lo benedica, ma non è una bella fine.

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