CASA LEOPOLDO IL VISIONARIO DELL’ARTE
Ci sono la «Venere Celeste» (il suo pezzo preferito), gli autoritratti e gli oggetti esotici A Palazzo Pitti si è inaugurata l’esposizione dedicata al cardinale dei Medici Schmidt: «È stato il principe dei collezionisti e raccolse tutto nella sua abitazio
«Vorace», «visionario» e «con le palle». Tre definizioni per Leopoldo de’ Medici a firma Eike Schmidt. Il direttore degli Uffizi ha inaugurato a Palazzo Pitti la mostra dedicata al «principe dei collezionisti», cadetto di casa Medici, figlio del granduca Cosimo II e dell’arciduchessa Maria Maddalena d’Austria, cardinale per dovere politico più che per reale vocazione, nel giorno del suo quattrocentesimo compleanno. «Uno dei più voraci collezionisti non solo nella storia di Firenze ma d’Europa, era dominato da una passione totale per l’arte — spiega Schmidt — Lo guidava negli acquisti la sua genialità e si deve a lui, ad esempio, il primo nucleo della raccolta degli autoritratti, ancor oggi unica al mondo per genere e ampiezza».
Negli anni Leopoldo ha creato «all’ultimo piano di questo palazzo, nelle sale che ora chiamiamo ambienti della Duchessa d’Aosta, la Galleria d’Arte Moderna — aggiunge Maria Sframeli, co-curatrice insieme a Valentina Conticelli e Riccardo Gennaioli — un museo all’interno della reggia in cui abitava». La parola che meglio definisce questa esposizione, Leopoldo de’ Medici principe dei collezionisti, visitabile da oggi al 28 gennaio nell’ex Museo degli Argenti ora Tesoro dei granduchi, è «varia». Perché la passione per l’arte del cardinale non aveva confini: dai dipinti — Pontormo, Bronzino — alle sculture in avorio, alle «anticaglie» come le chiamava lui con una sala ricca di bronzi romani, statuette egizie, addirittura un piccolo soldato risalente all’età del ferro (tra IX e VIII secolo a.C.) rinvenuto in Sardegna, e la sua preferita, la Venere Celeste della prima metà del II secolo. Nella sala dedicata alle scienze e agli oggetti esotici troviamo strumenti di calcolo astronomico, arnesi militari, orologi sia solari che a polvere, astrolabi (uno, rarissimo, datato del XIII secolo), ampolle, termometri, e la lente di Galileo. Accanto ad armi indonesiane, oggetti laccati giapponesi, giade cinesi, una maschera verde in travertinite proveniente da Teotihuacan in Messico, e il Nuovo Mondo era stato scoper-
to da poco. E, di epoca romana, un «fallo con zampe leonine» alto un metro e mezzo, sicuramente il pezzo più singolare della collezione, che dà l’idea della spregiudicatezza e dell’anticonformismo del cardinale definito appunto «collezionista con gli attributi» dal direttore degli Uffizi proprio in questo senso.
La parte esotica di questa mostra si lega a un’altra esposizione presente in queste settimane agli Uffizi, quella su Il Rinascimento Giapponese mentre nella collezione permanente delle gallerie «sono segnalate con uno specifico logo tutte quelle opere appartenute a Leopoldo» aggiunge Schmidt per sottolineare come «tutto si tiene insieme».