Torna Bob Dylan
Il menestrello del rock al Mandela il 7 aprile La prima volta dopo il Nobel
Non succederà, perché ormai i passaggi epocali di Bob Dylan sono stati storicizzati e digeriti. Nobel compreso. Ma è assai suggestivo immaginare che «Firenze 2018» potrebbe diventare un momento chiave come «Newport 1965» o «Fox Warfield 1979». Ovvero come quei concerti passati alla storia per le contestazioni, il rigetto del suo pubblico incapace di comprendere il cambiamento della sua strada: è proprio attraversando le forche caudine del dissenso popolare che il re dei cantautori ha segnato i momenti più alti, puri e poetici della sua carriera. Perché Bob Dylan sembra tornato al gospel e alla religione, proprio come 38 anni fa a Fox Warfield. Cosa dobbiamo aspettarci?
Due sono gli indizi: Dylan torna in tournée in Italia dopo tre anni — dal 3 al 9 aprile, tappa fiorentina il 7 al Mandela Forum, biglietti in prevendita da venerdì su TicketOne, info 0584.46477 — per la prima volta dopo aver ricevuto il Nobel, con tutto lo strascico di polemiche che la decisione della commissione ha provocato. E soprattutto: proprio quest’anno ha deciso di dare un ennesimo cambio di rotta con tre album in un anno che così esplicitamente richiamano la fase più «detestata» dai fan (e dalla sinistra come riferimento culturale) della sua produzione. Soprattutto l’ultimo, uscito meno di 48 ore fa, Trouble No More, che suona come provocazione fin dal titolo (basta guai!) e come una più che evidente volontà di rivivere la stagione della conversione al cristianesimo tra Slow Train Coming e Shot of love che ebbe nel live di Fox Warfield di 38 anni fa il suo apice.
Tutto nasce da un film, intitolato appunto Trouble No More, diretto da Jennifer Lebeau e presentato alla Festa del cinema di Roma pochi giorni fa, che ripercorre il celebre Gospel Tour ’79-’80 del menestrello di Duluth. Dylan «l’icona rock della sinistra» lascia tutti a bocca asciutta e procede a suon di inni al Signore. Apriti cielo! La critica lo attacca, il pubblico non perdona. E anche se quella fase sarà ricordata come la peggiore della straordinaria carriera dell’unico cantautore capace di elevare la canzone a letteratura fino ad arrivare al Nobel, ecco che Dylan decide di tornare a calcare le stesse orme.
Insieme al film esce ora anche il bootleg Trouble No More, con i live di quindici brani di quel periodo. E ora il tour. Che, conoscendo l’inclinazione alla provocazione del personaggio, si tradurrà in scalette assai «provocatorie» che potrebbero far tornare il suo pubblico a dividersi: cosa succederebbe se al Mandela Bob Dylan cantasse per due ore solo spirituals, canti religiosi e traditional? I precedenti due lavori, usciti in pochi mesi, Fallen Angels e Triplicate, contenevano tutti brani della tradizione americana, tanto per ribadire il concetto del suo allontanamento da ciò che i fan amano più di lui. E a mettere ulteriore carne sul fuoco ci ha pensato Stoccolma, che ha spaccato in due l’opinione pubblica sull’opportunità di insignire «un uomo di spettacolo» della più alta onorificenza letteraria al mondo. Dando a Dylan, che sopra ogni cosa ama stupire e spiazzare, nuove opportunità di alimentare polemiche, dopo la sua ritrosia ad accettarlo. Insomma, in questo momento, le scelte artistiche, «politiche» e di comportamento del più importante rappresentante della cultura popolare americana del secolo, lasciano supporre di tutto. E come sempre, troverà il modo di non passare inosservato.